Trieste, condanna bis al pedofilo del centro estivo

Sei anni anche in Appello per l’autista del pulmino che nel 2012 accompagnava i bambini a Malchina

TRIESTE Condanna bis per Marin Floaca, rumeno di 52 anni, accusato di pedofilia. La pena di sei anni di reclusione, comminata l’anno scorso con rito abbreviato dal gip Laura Barresi, è stata confermata in Corte d’appello.

I fatti risalgono al 2012. Floaca, residente a Monfalcone, aveva abusato di una bambina di quattro anni e mezzo; episodi avvenuti al centro estivo “La Mezzaluna” di Malchina che la piccola frequentava all’epoca. Il rumeno (finora a piede libero) era l’autista del pulmino con cui i bambini venivano portati sull’altipiano per le attività organizzate d’estate. I bimbi lo chiamavano “il maestro Marino”. I capi di imputazione mossi contro Floaca (difeso prima dagli avvocati Lucio Calligaris e Stefano Briscik e, in appello, da Roberto Marinelli e Lucia Galletta del Foro di Gorizia; il legale della parte civile è invece l’avvocato Mariapia Maier di Trieste, che tutela la famiglia della piccola) sono circostanziati. Il condannato, si legge dagli atti, aveva obbligato la bimba a toccarlo e poi l’aveva violentata.

Trieste, abusi al centro estivo su una bambina
Un'immagine simbolo degli abusi sui minori


L’intera vicenda era emersa praticamente per caso il 14 ottobre 2012 quando i genitori si erano recati alla Mezzaluna a prendere un caffè, assieme alla figlia. «Scesi dall’auto abbiamo visto che all’ingresso del bar era seduto Marin, che sapevamo essere il conducente del pulmino», aveva dichiarato il padre nella denuncia ai carabinieri di Duino Aurisina. «Quando mia figlia ha notato Floaca si è messa a piangere». L’uomo, vedendo i genitori e la piccola, aveva sbarrato gli occhi. Poche ore dopo, di sera, a casa, la mamma e il papà erano riusciti a capire il motivo di quelle lacrime improvvise della loro figlia.


Abusi al centro estivo, condannato a 6 anni
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Gli abusi si erano consumati in una stanza del comprensorio dell’agriturismo. I racconti della bimba erano stati ritenuti attendibili nell’incidente probatorio: la vittima aveva ripetuto quanto aveva detto agli investigatori e agli psicologi. Non sono mancate, inoltre, le conferme di alcuni testimoni: dipendenti della struttura che avevano riferito della facilità con cui l’autista poteva avere accesso agli ambienti dell’agriturismo. Determinante, infine, la consulenza di uno psicologo; il professionista aveva precisato che la bimba «sa leggere la realtà che la circonda in modo corretto, senza distorcerla o ignorarla».

(g.s.)
 

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