Trieste: «Civica benemerenza allo scrittore Boris Pahor». Ed è subito polemica
Era il 2008 quando la giunta comunale presieduta da Roberto Dipiazza diede il via all’iter per il conferimento della Civica benemerenza a Boris Pahor. Solo a fine 2009 il caso emerse pubblicamente e con rilievo nazionale: lo scrittore aveva rifiutato il riconoscimento. Perché nelle motivazioni non aveva letto il termine fascismo. «Era sufficiente che comparisse una parola di tre sillabe per rispettare la verità della Storia», dettò allora. Sulle motivazioni decide l’amministrazione, tenne fermo Dipiazza. Non se ne fece nulla. Anche se già nel 2003 - giunta di centrodestra - allo scrittore fu conferito il Sigillo trecentesco. E anche se nel 2010 al Verdi andò in scena in lingua slovena “Necropoli”, per forte volontà di Dipiazza - che pochi mesi prima aveva gioito in piazza Unità del “Concerto dei tre presidenti” - e del suo omologo di Lubiana Zoran Jankovic.
È passato del tempo, la giunta ha cambiato colore diventando di centrosinistra. L’iter per la Benemerenza è ripartito. E già innesca un nuovo caso. Oggi la conferenza dei capigruppo del Consiglio comunale esaminerà la delibera che su proposta del sindaco Roberto Cosolini insignisce lo scrittore «triestino di lingua slovena» che il 26 agosto compirà cento anni. Con motivazioni «simili a quelle del 2008 - commenta Cosolini - ma senza reticenze nel riconoscere le complicità e le responsabilità del fascismo nelle persecuzioni» che una parte della popolazione di queste terre subì nel secolo dei nazionalismi. La delibera cita Pahor come «uno dei più grandi interpreti letterari viventi del nostro Paese, ulteriore esempio della tradizione culturale giuliana del Novecento». Lo ricorda «perseguitato dai fascisti, arrestato e torturato dai nazisti». Sottolinea come «la sua condanna delle tragedie subite non è mai condanna di nazioni o popoli, ma invece sempre dei totalitarismi e delle dittature». E riprendendo le parole dello scrittore - «La lingua italiana e quella slovena sono parte di me come lo sono della città» - lo addita a «dimostrazione vivente di come, pur nella diversità, si possa essere parte attiva di una stessa comunità».
«Resterei basito se ci fossero ragioni di polemiche», mette le mani avanti Cosolini: «Credo che la città sia assolutamente pronta a non farsi condizionare da messaggi fuori dal tempo. È una Trieste che ha imparato a riconoscere lutti e torti superando le barriere ideologiche: è avvenuto tanto nella sinistra democratica quanto nella destra democratica. Ricordo gli omaggi importanti già tributati a Pahor, come quello al Verdi su iniziativa di Dipiazza. Se ragioni di polemica ci saranno, verranno da frange estreme, marginali in città».
Il Pdl però, col capogruppo Everest Bertoli, si annuncia già contro una proposta che bolla come «grossolano errore» di Cosolini. «Credo che la città debba superare il passato e si debba andare a una riappacificazione, ma non si può andare verso il negazionismo delle foibe. Chiedo: la figura di Pahor unisce tutta la città?» Concetti che Bertoli esplicita poi in una elaborata nota. Pahor ha narrato sì «l’indiscutibile dramma». Ma quello di «una porzione della comunità triestina». Ecco dunque «una memoria a senso unico», che «offusca e in certi passaggi giustifica o minimizza quanto subìto da triestini, goriziani, istriani, fiumani e dalmati pochi anni dopo quelle vicende che colpirono le comunità di lingua slava suddite del Regno d’Italia». Di più, Bertoli cita Pahor che «nel 2007 si scagliò contro le parole del Presidente Napolitano, che nel Giorno del ricordo aveva tracciato un’analisi seria e serena della tragedia del confine orientale». Ancora: per Pahor - prosegue Bertoli citando le obiezioni mosse in merito dallo scrittore al Presidente Ciampi - le vittime delle foibe «furono poche centinaia».
No alla memoria «a senso unico», dunque. E se questo dice il Pdl, da Fli Michele Lobianco evita commenti: «Ne parleremo in capigruppo». Un’Altra Trieste, con Franco Bandelli, si attende che «il popolo della presunta destra dirà no. Ma ricordo che era sindaco Dipiazza quando a Pahor andò il Sigillo, e anche quando si inscenò Necropoli. Io - conclude Bandelli - da uomo di destra sono disposto a dire sì, giusto il passo avanti». E però: «Ricordo al sindaco che sta per arrivare il 12 giugno», ricorrenza della fine dell’occupazione di Trieste da parte delle truppe titine nel 1945. «Attendiamo da due anni e mezzo il riconoscimento di quella data: il sindaco vi si era impegnato in aula».
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