Trieste città della scienza, il Sincrotrone compie 30 anni

TRIESTE «Perché volete costruire un sincrotrone proprio a Trieste, dove di scienza non capiscono nulla?» Non furono parole accondiscendenti quelle con cui i membri della commissione europea, incaricati di scegliere il sito per una futura grande macchina di luce al servizio dalla comunità scientifica internazionale, liquidarono la proposta triestina di costruirla proprio nella città giuliana, a ridosso di un confine che era ancora una cortina di ferro.
Quello di Renzo Rosei e di Luciano Fonda, i due fisici “padri” del sincrotrone, l’uno romano e l’altro istriano, fu un convinto azzardo, perché negli anni Ottanta a Trieste vi erano poche competenze per poter realizzare e utilizzare un sistema così complesso.
Il sincrotrone europeo si costruì infine a Grenoble, ma, complice anche la presenza dell’allora Area di ricerca, Trieste la spuntò come sito per la costruzione di una macchina di luce nazionale e il 4 novembre 1986 venne costituita la Società consortile per azioni Sincrotrone, presieduta dal Nobel goriziano Carlo Rubbia.
Da lì prese il via, nel nome della scienza e con la volontà di rendere Trieste un luogo che dal confine guardava al mondo, un’avventura rocambolesca che portò l’8 ottobre del 1993, dopo sei anni di lavoro, alla produzione del primo fascio di luce stabile a Basovizza; e meno di un mese dopo, il 3 novembre, al primo esperimento targato Elettra Sincrotrone.
Trent’anni dopo la comunità scientifica triestina celebra quest’anniversario con un occhio rivolto al passato - per non dimenticare lo spirito garibaldino di quei momenti pionieristici - e uno al futuro, pensando già a quel 2025 in cui la vecchia Elettra lascerà il posto a una nuova macchina di luce di quarta generazione, che sarà mille volte più brillante e 60 volte più coerente. «Quando riuscimmo a costruire il Sincrotrone su un prato verde, dove non c’era nulla, mi dissi che era come se la Triestina avesse vinto il campionato del mondo di calcio - ha ricordato qualche anno fa Rosei -. Perché qui, con tutto il rispetto per la grande scuola di fisica teorica che già esisteva, di fisica sperimentale non c’era nulla».
Con Elettra, che andava ad aggiungersi a Ictp, Sissa, Area Science Park, Twas e Icgeb, si andò materializzando sempre più quel sogno che Rosei e Fonda, e prima ancora Budinich e Salam, avevano portato avanti con caparbietà: la volontà di trasformare attraverso la scienza questo luogo di confine in un territorio aperto e internazionale.
Elettra celebrerà domani questo trentesimo compleanno in un evento riservato al suo staff di circa 300 persone (e alle autorità invitate): ogni anno circa un migliaio di scienziati provenienti da più di 50 Paesi del mondo vi accedono per effettuare i loro esperimenti, tramite proposte valutate in base al solo merito scientifico.
«Abbiamo voluto celebrare l’anniversario con una serata al Verdi, un evento musicale condito con ricordi e aneddoti dell’epoca - spiega il presidente di Elettra Sincrotrone Alfonso Franciosi -. Alla sua onorevole età Elettra rimane una delle 30 macchine più performanti del panorama mondiale. E qui abbiamo anche il laser a elettroni liberi Fermi, complementare all’anello di luce: con Elettra si studiano i materiali in condizioni di equilibrio, con Fermi si effettuano misure istantanee e in tempi brevissimi per “filmare” fenomeni molto rapidi».
Nel 2025, grazie a un finanziamento della Regione di 170 milioni di euro e di 29 milioni di euro dal Consiglio nazionale delle ricerche, la macchina verrà totalmente rinnovata: Elettra verrà smontata per lasciare il posto a un sincrotrone di quarta generazione, con 31 linee di luce, di cui sei completamente nuove, per ricerche che spazieranno dalla chimica alle scienze della vita, dai beni culturali alle nanotecnologie, fino alla medicina. Le linee saranno gestite, come nel presente, in collaborazione con enti italiani e stranieri, o con paesi che non hanno la possibilità di avere un proprio sincrotrone in casa: l’ultima new entry con cui si sta lavorando, dopo Austria, Repubblica Ceca e India, è il Messico, con cui ci si sta accordando per una nuova linea.
Dopo la metamorfosi, che richiederà uno shutdown di un anno circa, ci saranno solo altri tre sincrotroni al mondo come la nuova Elettra. Ma per quanto Elettra 2 si preannunci molto più efficiente della macchina precedente, rimarrà comunque un problema cui far fronte, rammenta Franciosi: quello legato all’aumento dei costi dell’energia. «Per farvi fronte quest’anno abbiamo limitato l’uso della macchina al 60%, prevedendo circa il 30% in meno di esperimenti: ciò significa che abbiamo dovuto bocciare molte più proposte, il che non è un bene per la ricerca - annota ancora Franciosi -. La nuova macchina richiederà il 25% in meno di energia, che comunque non basterà per far fronte a costi energetici raddoppiati: l’auspicio è che lo Stato ci venga incontro, come stanno facendo francesi e tedeschi che hanno abbassato i costi dell’energia per i loro centri di ricerca». Parallelamente a Elettra un team sta lavorando sulle energie alternative, con l’obiettivo di provvedere autonomamente a parte del fabbisogno energetico della macchina, che dal 2026 si vorrebbe tenere accesa al 100%.
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