Trieste città d'arte, aggirati i vincoli domenicali

Grazie a una norma i negozi potranno restare aperti tutti i giorni festivi dell’anno
di Maddalena Rebecca
In Comune l’hanno cercato, invocato, bramato per settimane. E alla fine il cavillo giuridico che consente di prendere legittimamente le distanze dalla legge regionale sul commercio, e bypassare così i vincoli imposti alle aperture festive dei negozi, è saltato fuori.


Si tratta dell’articolo 12 comma 1 del decreto legislativo 114 del ’98, firmato dall’allora ministro dell’Industria e commercio Bersani. Poche righe che assegnano la facoltà di «determinare liberamente gli orari di apertura» agli esercenti dei comuni a economia prevalentemente turistica ma anche - e qui secondo la giunta Dipiazza sta la vera svolta - ai commercianti attivi nelle «città d’arte». Titolo quest’ultimo che, a giudizio dell’esecutivo comunale, nessuno potrebbe negare a una realtà come Trieste in cui sono ospitati fior fior di musei, siti di interesse archeologico, teatri e monumenti.


Ecco trovata quindi la quadratura del cerchio: una delibera firmata dall’assessore allo Sviluppo economico Paolo Rovis e dal responsabile della Cultura Massimo Greco con la quale dichiarare il capoluogo giuliano «città d’arte» e decretare l’inapplicabilità di ogni limitazione imposta al lavoro dei negozianti. Delibera corredata da foto dei luoghi d’interesse, elenco degli alberghi e dettagliato calendario delle manifestazioni turistiche che, dopo esser stata approvata ieri all’unanimità in giunta, verrà a breve portata in consiglio.


Di fatto, quindi, un’autoproclamazione a «città d’arte». Formula che però, puntualizzano subito dal Comune anticipando così eventuali obiezioni, «è perfettamente legittima». La conferma, spiegano, arriva da un recente parere espresso dal Garante per la concorrenza, antecedente a quello sollecitato da Dipiazza e arrivato pochi giorni fa. Nel testo datato 20 ottobre 2008 Antonio Catricalà ricorda che le Regioni avrebbero dovuto individuare i comuni a prevalente economia turistica e le città d’arte entro 180 giorni dall’entrata in vigore del decreto Bersani del ’98. E nel caso in cui, conclude il Garante che, le amministrazioni non abbiano adempiuto a quell’obbligo «spetta agli stessi comuni il compito di accertare la caratteristica di città d’arte».


E visto che le giunte regionali che si sono susseguite dal ’98 a oggi quell’obbligo non l’hanno rispettato, essendosi limitate a parlare solo di località turistiche, il Comune di Trieste si sente ora autorizzato a entrare in campo a gamba tesa, rivendicando il proprio ruolo di città d’arte dove i negozi aperti possono restare aperti tutto l’anno. «Agendo in questo modo non andiamo contro la legge regionale, ma colmiamo semplicemente un vuoto creato dalle attuali normative - spiega soddisfatto Paolo Rovis -. Nessun atto di ribellione, quindi. ma una deroga motivata che equivale ad una precisa difesa degli interessi della città. Questa volta, infatti, sarà la città stessa, rappresentata dal consiglio comunale, a esprimersi sul futuro del commercio a Trieste».


E se una volta calate le carte in tavola la Regione decidesse di correre ai ripari? «In quel caso servirebbero un’integrazione alla legge Ciriani e l’elaborazione di un regolamento per individuare le città d’arte - conclude Rovis -. Passaggi che richiedono tempi lunghi». Parole che, da un lato, faranno fare salti di gioia a molti negozianti, specie a quelli della grande distribuzione, dall’altro scontenteranno alcuni sindacati. Come la Filcams-Cgil che, proprio ieri, era tornata a chiedere a Tondo e Ciriani di «far rispettare una volta per tutte il tetto delle 29 aperture domenicali e sanzionare eventuali violazioni, in particolare quelle commesse da enti locali».

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