Trieste, cinque sospettati per l’omicidio Aldo Carli

TRIESTE Il cerchio delle indagini sull’omicidio di Aldo Carli si sta rapidamente stringendo. La polizia è sulle tracce di cinque persone. Individui che l’ex gioielliere di settantacinque anni, trovato morto la mattina di mercoledì 20 dicembre nella sua villa di via del Refosco, a Opicina, conosceva. Gente con cui l’uomo aveva in qualche modo a che fare. Il motivo, ad oggi, è però oscuro. Quel che si sa è che Carli in passato era un gioielliere. Fino a una decina di anni fa possedeva un negozio in via Donadoni. Ma nessuno dei familiari interpellati è in grado di dire se l’uomo abbia continuato o meno l’attività commerciale. Se avesse affari in piedi, conti in sospeso. Crediti o debiti.
La pista investigativa adesso prende comunque una piega ben delineata. E, se confermata nelle prossime ore, andrebbe ad escludere un aspetto di non poco conto del giallo: chi ha fatto irruzione nell’abitazione, legando e picchiando il settantacinquenne, non era un rapinatore qualunque. Gli assassini, dunque, non erano ladri specializzati a svaligiare le ville del Carso. Chi si è introdotto nella casa cercava o voleva da Carli qualcosa di preciso.
Il settantacinquenne è stato immobilizzato con delle fascette di plastica, le stesse che utilizzano abitualmente gli elettricisti. Questo è emerso dai segni sui polsi e sul collo. Durante i rilievi dei giorni scorsi, all’indomani del delitto, la polizia scientifica di Trieste e quella di Padova avevano trovato i pezzi dei legacci utilizzati sulla vittima. Materiale compatibile con le tracce «di ritenzione» sulla pelle del cadavere. La stretta alla gola delle fascette di plastica potrebbe aver strangolato la vittima. Ma non è ancora certo se a provocare il decesso dell’ex gioielliere sia stato effettivamente questo. O, piuttosto, il pestaggio: la scientifica ha anche scoperto all’intero della casa un dente di Carli. Gli esiti degli approfondimenti sull’autopsia, attesi nell’arco di una decina di giorni, dovrebbero mettere un punto fermo sulle cause della morte.
La polizia scientifica di Trieste e quella di Padova avevano analizzato, oltre che l’intera abitazione di via del Refosco, pure le due automobili di proprietà di Carli: la Fiat Croma e la Punto, entrambe sotto sequestro. È nella Croma che potrebbero essere venuti a galla indizi utili all’inchiesta: l’auto era aperta con lo sportellino del cruscotto spalancato e i documenti sparsi su un sedile.
Come noto è stata la moglie, la sessantaduenne Zdenka Poh, a imbattersi nella salma. Aldo era riverso in giardino, sul retro della villa. Il corpo era stato trascinato fuori. I criminali si sono introdotti all’interno dell’edificio alle prime ore del mattino. Sono entrati al pianterreno, dove alloggiava anche la madre di Carli: una novantaquattrenne non vedente che gli assassini hanno tentato di soffocare con un cuscino. Ma senza riuscirci. La casa è stata trovata a soqquadro: i criminali erano a caccia di qualcosa o si è trattato di una messa in scena? La moglie, che dormiva al piano superiore con il cane, non avrebbe sentito niente. Questo, almeno, ha riferito agli investigatori.
Le indagini della polizia sono naturalmente sotto stretto riserbo. Ma in questi giorni di rilievi e accertamenti gli inquirenti hanno fatto passi avanti di non poco conto sull’intera vicenda. Ed è ormai piuttosto chiaro che quella mattina Aldo Carli aveva davanti gente a lui nota. E a cui forse ha pure aperto il cancello di casa. Gli investigatori in queste ore stanno setacciando a fondo il giro di frequentazioni della vittima.
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