Trieste, chiesto il fallimento bis della Colombin sulla società “paracadute”

Dopo il crac della spa sancito a settembre, pm e curatela reclamano la stessa fine per la newco
Un presidio dei lavoratori Colombin davanti al Tribunale di Foro Ulpiano in un’immagine di repertorio
Un presidio dei lavoratori Colombin davanti al Tribunale di Foro Ulpiano in un’immagine di repertorio

TRIESTE Arriva la richiesta di fallimento “bis” nell’ambito del caso Colombin.

Dopo la sentenza che in settembre ha decretato il crac della storica fabbrica di tappi di sughero triestina, la “Colombin & figlio” spa, ora si profila all’orizzonte lo stesso destino per la “1894” srl: si tratta della newco costituita alla fine di giugno per portare avanti l’attività e che il 1° luglio aveva preso in affitto l’azienda dalla “Colombin & figlio”. In seguito al fallimento di quest’ultima, l’affitto era stato revocato da Mario Giamporcaro, il curatore fallimentare.

A due mesi di distanza, si è tenuta in Tribunale l’udienza davanti al giudice Riccardo Merluzzi in cui è stata presentata la richiesta di fallimento anche per la “1894” srl: in primis dalla Procura della Repubblica, rappresentata in udienza dal pm Maddalena Chergia, e poi dall’avvocato della procedura fallimentare della Colombin, Enrico Guglielmucci, la quale ha crediti di oltre 400 mila euro nei confronti della “1894”.

La richiesta di fallimento è stata ritenuta ormai improrogabile a fronte dei debiti della newco e alla situazione aziendale ormai compromessa. Da ricordare, inoltre, i provvedimenti di sequestro dell’azienda scattati ormai quasi tre mesi fa.

Dal punto di vista tecnico avrebbero potuto chiedere il fallimento anche i dipendenti: a proposito, tutti i 72 lavoratori della Colombin sono attualmente in cassa integrazione straordinaria per una durata prevista di un anno.

Sulla “1894”, che ricordiamo essere l’annata di fondazione della fabbrica, in realtà pendeva già da un paio di mesi la probabilità di un “impeachment”.

Giamporcaro aveva lamentato il mancato pagamento di affitto, di stipendi, di materie prime. Il consiglio di amministrazione - composto da Roberto Bergamo, Andrea Causin, Alessandro Monti - aveva replicato che il blocco del conto corrente, avvenuto il 4 settembre, aveva reso impossibile il pagamento dei dipendenti, nonostante la regolare emissione dei cedolini. Gli amministratori della “1894” si erano mossi - riportava la nota - in sede giudiziaria per recuperare la liquida disponibilità. Al contrario, le materie prime sarebbero state pagate anticipatamente ai fornitori.

Ma le spiegazioni rese dal cda non debbono essere state troppo convincenti per la Procura e per la procedura fallimentare, che hanno marciato verso l’istanza di fallimento: si ritiene che il responso di Merluzzi sulla richiesta possa essere di prossima edizione.

Una data importante nel calendario Colombin è quella del 19 gennaio, quando si terrà l’udienza per la verifica dello stato passivo, una sorta di cernita dei creditori. Le domande di ammissione vanno presentate entro la fine del corrente anno ed è prevedibile il classico assalto alla diligenza, poichè solo chi sarà riconosciuto nello stato passivo, potrà partecipare al riparto del ricavato dalla vendita dei beni. Affinchè vi sia la vendita dei beni - chiarisce Giamporcaro - occorre che si definisca l’inventario, operazione che, alla luce delle complicazioni da Covid, non sembra di imminente conclusione. Solo allora - precisa il curatore allo scopo di evitare il pressing di interessamenti fuori tempo e fuori luogo - si passerà alla procedura competitiva.

Si rammentano infine alcuni dei principali indicatori riguardanti l’ampiezza del compendio Colombin: 55.757 metri quadrati , divisi da una strada interna che distingue la parte Colombin da quella ex Veneziani. La superficie coperta ammonta a 20.582 mq. Da notare: i terreni non sono soggetti a Sito inquinato di interesse nazionale. —


 

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