Trieste, chef Antolovic consacrato “re della jota” fra assaggi e aneddoti - Video

La sfida ha visto confrontarsi sette ristoratori nella cornice di Spazio Nat in via Corti. Il mix di fagioli, patate e crauti esaminato da una giuria  

La finale di Jotamata incorona il cuoco del San Marco

TRIESTE La jota sugli altari del gusto. È quanto è avvenuto ieri nella finale della “Jotamata”, evento organizzato nello Spazio Nat di via Corti 2 per celebrare l’amore di Trieste per questo piatto tipico della propria tradizione culinaria attraverso l’assegnazione del titolo “Jotimista dell’anno”. Sono stati in tutto sette i ristoratori che hanno aderito a questo contest: Antico Buffet Benedetto con lo chef Claudio Rosso, Tullio Bole del Kapuziner Keller, Mitja Antolovic per l’Antico Caffé San Marco, Walter Zacchini de La Bottega di Trimalcione, Morena Pacco del Buffet Siora Rosa, Silvana Pegan per la Trattoria-Gostilna Sardoc di Precenico.

A valutare la migliore jota triestina una giuria presieduta dal giornalista gastronomico Furio Baldassi e composta da Gabriele Furla e Paolo Penso dell’Accademia italiana della cucina di Trieste, Luca Gioiello della Federazione italiana cuochi e dal neo assessore al Turismo del Comune di Trieste, Francesca De Santis. Come da regolamento, i ristoratori finalisti hanno preparato la celebre minestra emblema della tradizione culinaria giuliana secondo la ricetta classica codificata dall’Accademia italiana della cucina e depositata alla Camera di commercio della Venezia Giulia. A ogni jota in concorso è stato assegnato un numero abbinato a un ristoratore per garantire l’anonimato in modo da non influenzare la giuria, mentre i criteri di valutazione dei piatti proposti si sono basati su tre caratteristiche fondamentali: gusto, rispetto della tradizione e tipicità degli ingredienti. Ogni jota infine è stata valutata con un voto da 1 a 5. Ad aggiudicarsi questa particolare competizione lo chef Mitja Antolovic del Caffé San Marco, al termine di una valutazione condivisa da tutti i giudici.


Fra un assaggio e l’altro, Furio Baldassi ha intrattenuto il pubblico presente con spiegazioni, aneddoti e caratteristiche riguardanti questa prelibatezza tutta triestina. «Gli ingredienti per questo piatto sono estremamente poveri – ha spiegato il critico enogastronomico – perché patate e fagioli sono quegli ingredienti caratteristici di un tipo di cucina contadina che si riscontra in molte pietanze italiane. L’aggiunta del crauto, tipico della tradizione mitteleuropea, ne fonda invece la sua totale triestinità». Anche la jota è entrata nell’eterna disputa fra Trieste e Udine riguardante la sua paternità: «Anni fa c’era stata una polemica con il Friuli per la paternità di questa zuppa – ancora Baldassi – ma il cavolo acido è un ingrediente tipico della cucina austroungarica a differenza della brovada, prodotto che si utilizza nel vicino Friuli come ingrediente per quella che è a tutti gli effetti un altro tipo di minestra». Un’altra delle caratteristiche della jota è la sua acidità: «Se non è almeno un po’ acida, la possiamo considerare una buona minestra di fagioli ma nulla di più». Ma qual è il parametro assoluto per definire la bontà o meno di quanto assaggiato? È sempre Baldassi a spiegarlo: «Per qualificare qualsiasi piatto la prima comparazione è quella con quanto ci preparava la mamma o la nonna. Ovviamente il paragone risente del confronto con i propri ricordi che tendenzialmente sovrastimano le caratteristiche di quanto assaggiato, in quanto maturati in tempi lontani».

E l’accompagnamento? «Un bicchiere di birra va benissimo, in un certo senso è “la morte sua” trattandosi di un altro prodotto tipico della tradizione mitteleuropea, ma si può anche accostarla a un vino rosso come il refosco».

Una minestra tipicamente triestina ma che risente della scoperta dell’America, tanto da essere definita da Gabriele Furla come «americanata» perché prima del diciassettesimo secolo, quando patate e fagioli vengono definitivamente importati in Europa ed entrano quindi all’interno della cultura culinaria del vecchio continente, una minestra come la jota non avrebbe potuto essere creata. —


 

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