Trieste, centrodestra spaccato in aula sull’uscita dall'Uti
TRIESTE L’Uti giuliana continua a scatenare frizioni tra maggioranza e opposizione, ma anche in seno alla stessa maggioranza. L’occasione più recente è fornita dall’approvazione, l’altra sera in Consiglio comunale, della mozione con cui il M5S chiede l’uscita del Comune di Trieste dall’Uti. Il documento è passato con i voti favorevoli (oltre che, naturalmente, dei grillini) di Forza Italia, Lega Nord e Fratelli d’Italia. Contrari solo i consiglieri del Pd, mentre si sono astenuti quelli della Lista Dipiazza, nonché Roberto de Gioia e Maria Teresa Bassa Poropat in quota opposizione.
L’astensione della Lista Dipiazza segna chiaramente una cesura nella maggioranza. Il sindaco, in effetti, al di là di quanto sosteneva in campagna elettorale, è ora molto più cauto e la sua linea è sostanzialmente quella di una permanenza nell’Uti. Resta invece il fatto che la sua stessa maggioranza, fatta eccezione per la civica che porta il suo nome, dimostra con quest’ultimo voto di non aver cambiato idea. Il capogruppo della Lista Dipiazza Vincenzo Rescigno spiega che «per mero conto economico restiamo nelle Uti», e motiva l’astensione con il fatto che «non c’è certezza sui trasferimenti futuri dalla Regione al Comune, posto che quelli già avvenuti sono arrivati dopo le variazioni di bilancio». Sempre in tema di “difficili” rapporti interni alla maggioranza, c’è anche il voto favorevole di Fi, che il capogruppo Piero Camber, pur ritenendo la mozione superata dai fatti, spiega con la ragione che «le premesse sono contro le Uti e rimangono attuali».
Che il voto di venerdì sera «metta in luce un orientamento non unitario della maggioranza» lo osserva anche la capogruppo Pd Fabiana Martini, la quale si sarebbe aspettata che il M5S ritirasse la mozione posto che «è superata ampiamente dai fatti». Più in generale, commentando il voto sfavorevole del suo gruppo, Martini osserva che «il percorso di collaborazione e integrazione fra comuni è ineludibile, visto anche che lo si sta portando avanti in altre regioni». Ma andiamo con ordine. Il documento del M5S, presentato il 13 febbraio, rilevava (e rileva) «un minor trasferimento sulla parte corrente del bilancio, rispetto allo scorso anno, da parte della Regione al Comune, che potrebbe oscillare da 2,9 a 8 milioni di euro». Così «impegna il sindaco a chiedere alla presidente della Regione di reintegrare le stesse (o maggiori) risorse in grado di non penalizzare il bilancio del Comune di Trieste e, in caso di risposta negativa, ad uscire dall’Unione territoriale intercomunale». Commentando l’approvazione della mozione, il capogruppo grillino Paolo Menis sottolinea che «è un voto importante perché il Consiglio comunale si è espresso per l’uscita dall’Uti perché di fatto il bilancio preventivo, approvato solo poche settimane fa, sconta un paio di milioni in meno di trasferimenti da parte della Regione».
Menis non manca poi di attaccare Forza Italia, rilevando in una nota che «pur votando positivamente, ha dichiarato in aula, assieme alla Lista Dipiazza, di non essere intenzionata ad uscire dal nuovo ente creato dalla riforma regionale. Berlusconiani incoerenti come spesso accade - aggiunge Menis - dato che in Regione fanno le barricate mentre a Trieste hanno paura di infastidire Debora Serracchiani». Pronta la replica di Camber, in relazione alle dichiarazioni che Menis afferma essere state fatte in aula. «Posso solo - replica il capogruppo forzista - consigliare a Menis di non esporsi troppo al sole e di acquistare un buon apparecchio acustico».
Quanto alla mozione, Camber concorda - strani casi della politica - con quanto affermato da Martini - sostenendo che «la mozione è superata dai fatti. La Regione - sottolinea - ha già ottemperato alle richieste del Comune. Con l’ultimo accreditamento, 1,5 milioni necessari per il capitolo assistenza, i trasferimenti si sono completati entro il 31 maggio. Quindi - ribadisce - la mozione non ha nessun valore. Come Forza Italia ci interessava arrivare ad ottenere il contributo, e la Regione aveva già dichiarato a suo tempo la volontà di ottemperare ai trasferimenti. Era quindi inutile dare vita a un muro contro muro».
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