Trieste, cento soci delle Coop contro l’archiviazione per Seghene
TRIESTE Non ci stanno proprio a ingoiare l’idea che lo sfascio delle Coop operaie sia imputabile a una cerchia talmente ristretta da poterla tenere sulle dita di una mano soltanto: dall’ex presidente di lungo corso Livio Marchetti all’ex direttore generale Pier Paolo Della Valle, passando per i tre sindaci Rodolfo Pobega, Tiziana Seriau e Michela Raffaelli, ovvero i cinque personaggi per i quali i pm Federico Frezza e Matteo Tripani, titolari del maxifascicolo Coop, hanno chiesto a fine 2016 il rinvio a giudizio.
I cento (e passa) soci più agguerriti e meno fatalisti - quelli rappresentati dall’avvocato Stefano Alunni Barbarossa che nel 2015, a indagine in moto, avevano firmato un articolato esposto alla Procura contro la presunta “cricca” accusata di aver truffato migliaia di consumatori e risparmiatori triestini - ora reclamano in effetti altre 29 “teste” a rigor di Codice di procedura penale.
Ventinove figure a carico delle quali gli stessi due magistrati inquirenti, dopo aver indagato su di loro, ritengono allo stato che non si debba procedere oltre e ne hanno dunque chiesto l’archiviazione.
A cominciare dalla “testa” di certo più illustre: quella dell’ex vicesindaco Augusto Seghene, lo storico presidente della partecipata Reparto 7 che riforniva in esclusiva le allora Coop operaie di frutta e verdura.
Seghene era stato considerato inizialmente dagli investigatori il cosiddetto “uomo ombra” che tesseva le fila del colosso cooperativo di casa nostra, tanto da essere indagato a sua volta per bancarotta fraudolenta insieme a Marchetti subito dopo il commissariamento del management Coop avvenuto per via giudiziaria nell’autunno del 2014.
A fine inchiesta, però, la sua posizione si è evidentemente sgonfiata anche perché, così almeno si può presumere, “marchiare” Seghene come amministratore di fatto avrebbe potuto significare ridurre il ruolo di Marchetti a quello di un mero “uomo di paglia” di un dominus nascosto dietro le quinte.
Una ricostruzione che i cento irriducibili che fanno capo per l’appunto ad Alunni Barbarossa (nome e faccia in prima linea per anni contro il “blocco Marchetti” e che come consigliere regionale d’opposizione nella precedente legislatura invocò un intervento straordinario sulle Coop da parte dell’allora amministrazione Tondo) contestano, usando le armi che concede loro la legge.
I soci delle Operaie, in questo caso, sono infatti “parti offese” e Alunni Barbarossa, in quanto rappresentante legale di un centinaio di queste presunte “parti offese”, con l’esposto del 2015 ha ottenuto il diritto a essere notiziato sull’esito delle indagini dei pm Frezza e Tripani.
Una volta ricevuta la notifica che lo informava che i due magistrati avevano formulato la richiesta di rinvio a giudizio per cinque indagati e l’archiviazione per altri 29 - oltre ad Augusto Seghene vi figurano la figlia di quest’ultimo Alessandra, l’ex sindaco Luciano Peloso e 26 ex consiglieri d’amministrazione (si legga a destra, ndr) - Alunni Barbarossa, su mandato dei soci che tutela, ha redatto e spedito a Foro Ulpiano quella che, tecnicamente, si chiama opposizione all’archiviazione. L’ultima parola, a questo punto, spetterà al gip nel giorno in cui si celebrerà un’udienza preliminare che, ad oggi, non è stata ancora fissata.
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