Trieste, causa per danni agli ex manager Coop

Il team del liquidatore Consoli decide la via delle «azioni di responsabilità». L’ultima parola in un’assemblea dei soci
Un "vecchio" carrello delle Coop Operaie
Un "vecchio" carrello delle Coop Operaie

TRIESTE È, per il momento, un pezzo di carta bianco. Non ci sta, ancora, precisamente un “chi”. Come neanche l’esatto “perché”. Ma ciò che diventa già sicuro, adesso, è che si tratta di un documento che si farà scrivere, che si riempirà di contenuti e finirà tra i mille dossier di Foro Ulpiano senza però naufragarci, considerato il coinvolgimento dei triestini che ne accompagnerà, per legge, la strada verso Palazzo di giustizia. Sì perché quel pezzo di carta che prossimamente si andrà a riempire sarà niente meno che una causa per danni in sede civile che le Coop operaie in liquidazione, rappresentate dall’avvocato Maurizio Consoli prima come amministratore giudiziario e poi come liquidatore, promuoveranno, una volta incassato l’avvallo di un’assemblea dei soci che si profila sulla carta “oceanica”, nei confronti di alcuni degli ex manager delle Coop operaie stesse, appartenenti a quel gruppo dirigente che fu commissariato 15 mesi e mezzo fa.

«Noi soci Coop truffati da una cricca»
Tra le corsie dell’iper delle Torri durante la gestione commissariale delle Operaie

Esautorato cioè per via giudiziaria nell’ottobre del 2014 dal collegio fallimentare del Tribunale costituito dai giudici Arturo Picciotto, Daniele Venier e Riccardo Merluzzi (lo stessoalle prese tra le altre cose con il crac della Triestina calcio) su richiesta del “pool” della Procura composto dai pm Federico Frezza e Matteo Tripani, che avevano scavato nei bilanci Coop, tra capogruppo e controllate, mettendo allora sotto indagine per bancarotta il presidente del Cda delle Operaie Livio Marchetti e il presunto “uomo ombra” Augusto Seghene, a quel tempo presidente della partecipata dell’ortofrutta Reparto 7.

Marchetti e Seghene potrebbero (il condizionale è d’obbligo finché la carta di cui si diceva non si farà scrivere, anche se sono le due figure alle quali è più logico e scontato pensare) essere nella lista delle persone cui alla fine si chiederà il conto. Ma potrebbero (ammesso poi che alla prova dei fatti rientrino effettivamente in quella lista) non essere gli unici, dal momento che già in autunno lo stesso Consoli aveva tagliato corto con un «stiamo esaminando tutte le posizioni dei soggetti potenzialmente responsabili» alla domanda se vi fossero gli estremi della causa anche all’ex direttore generale Pier Paolo Della Valle, ovvero a un dipendente, benché il dipendente numero uno, e non a un amministratore eletto dai soci. Era settembre 2015, per la precisione, e il liquidatore delle Coop, nell’annunciare che di lì a circa un mese sarebbero iniziati i bonifici della seconda rata successivi alla fidejussione estiva, aveva messo tra le possibilità del 2016 che potessero partire appunto «azioni di responsabilità nei confronti degli organi revocati», come peraltro stava scritto nel piano di concordato.

Nel caso Coop operaie spunta la regia di Seghene
Augusto Seghene

Ebbene: la possibilità, adesso, passa di “livello”, a realtà. Il messaggio che la causa civile si farà - pur essendo al momento da costruire - viene sempre da Consoli, a margine dell’annuncio che anche la terza rata di rimborso dei libretti sociali (che a questo punto fa superare alla percentuale delle somme recuperate dai soci la quota del 60%, si legga qui sotto, ndr) sta di fatto per timbrare il cartellino a giorni. Con un mese di ritardo sulla tabella di marcia “ideale”, senza contrattempi, che parlava di fine 2015. «Dobbiamo mettere bene a fuoco certe situazioni, vogliamo individuare determinate operazioni, in maniera precisa, concreta, affinché possano essere chiaramente riferibili a determinate persone, stiamo insomma lavorando per circoscrivere fatti “sicuri” che ci consentano di proporre un’azione mirata, e a breve capiremo come farla», tiene a precisare il commissario straordinario delle Operaie, lasciando intuire che non sarà questa, non vuole affatto esserlo, un’operazione da “sparata nel mucchio” tra gli ex consiglieri d’amministrazione, a decine fra la capogruppo e le società controllate. «Modalità e tempi sono ancora da definire», ribadisce Consoli.

Una cosa però è certa. Una decisione del genere, per legge, non la può prendere né Consoli da solo né il team di professionisti che lo sta affiancando da oltre un anno nella cosiddetta “procedura consorsuale” su disposizione dello stesso collegio fallimentare di Foro Ulpiano. Le Coop operaie o meglio ciò che rimane in termini ormai squisitamente amministrativi - anche se è difficile pensarla in questi termini oggi dopo tutto quello che è accaduto, anche a fronte di un “parco negozi” che è passato ad altri marchi - sono d’altronde degli storici 110mila soci (di cui 15mila prestatori). Spetterà a loro dare l’ultima parola in merito a una causa o meno, in occasione di un’adunanza sullo stile di quella che andò in scena nel maggio scorso al PalaTrieste benché allora a esprimersi erano stati invitati i soli creditori (i 15mila prestatori sociali più i fornitori). Alla fine si presentarono in un migliaio. La prossima “puntata” avrà numeri tutti da scoprire ma si può presumere fin d’ora che tornerà a toccare profondamente le corde dei triestini.

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