Trieste, catturano con un blitz l’uomo sbagliato
TRIESTE È stata un’operazione da manuale. Solo che hanno sbagliato persona. Lo hanno bloccato in mezzo al traffico. Prima lo hanno circondato e poi sono scattati. «Preso». Si chiama Gianluca Breggion, 34 anni, esercente, titolare del bar “Al cappellaio matto” di via Trenta Ottobre. È stato fermato sì, ma per errore. È stato scambiato per qualcun altro. Un terribile equivoco riguardo il quale si appresta a sporgere querela. Accusa: un sequestro breve, ma pur sempre un sequestro, e poi violenza privata.
Il suo è stato un brivido durato dieci minuti. E dal quale non si è ancora del tutto ripreso. Ad arrestarlo, si fa per dire - appunto per errore, si scoprirà poi - sono stati gli agenti di una pattuglia della squadra di polizia giudiziaria della polizia municipale. Lo hanno afferrato di peso mentre attendeva il verde al semaforo di via Carducci. Così Breggion si è trovato all’improvviso sbattuto di peso dentro un’auto (una Punto nera) che si è diretta a tutto gas verso via Battisti. «Lo abbiamo preso», ha detto via radio l’agente che era alla guida. Ma nessuno in auto ha pensato che quella fosse la persona sbagliata.
È stata senza dubbio una scena surreale da “Alice nel Paese delle meraviglie”, considerato il nome del suo locale. Una scena sicuramente incredibile, che sembra tratta da un film di Luis De Funés, il grande attore comico francese, quello di “Fantomas 70”. Perché quando il sospettato ha insistentemente chiesto il perché fosse stato sbattuto in quell’auto, che con il lampeggiante attivato zigzagava nel traffico, loro stavano zitti. «Mi rispondevano con tono sprezzante che a loro non interessava nulla che avessi figli e che intanto sarebbero venuti a perquisire casa mia», ha ricordato.
All’improvviso gli agenti gli hanno chiesto: «Come ti chiami?». Gianluca Breggion ha timidamente risposto: «Gianluca Breggion». Poi il lieto fine: un poliziotto giunto nel frattempo si è reso conto che quello non era il ricercato. Lo ha guardato attentanmente. «In effetti - ha detto poi l’agente rivolto ai colleghi - mi sembrava troppo magro». E poi sempre parlando ai colleghi ha domandato: «Ma non gli avete chiesto chi era, prima di arrestarlo?».
La storia porta la data dello scorso 25 gennaio, poco dopo mezzogiorno. Breggion, come detto, era in attesa del verde al semaforo pedonale di via Carducci. Stava andando a prendere la figlia a scuola, come tutti i giorni. All’improvviso è stato afferrato sottobraccio da due uomini. Uno si è identificato subito come agente della polizia municipale, gli ha mostrato un distintivo. Ma né lui né il collega gli hanno chiesto il nome. Intanto è arrivata un’auto che ha inchiodato a pochi metri. L’«arrestato» è stato catapultato nell’abitacolo. Tutto questo è avvenuto sotto di occhi di decine di persone incuriosite che hanno assistito all’arresto in diretta, proprio come nei telefilm.
Dopo qualche minuto di silenzio in auto un poliziotto gli ha detto che aveva un mandato di cattura a suo carico. Poi ha aggiunto - mentre la vettura stava percorrendo via Battisti - che prima di andare in viale Miramare al Comando lo avrebbe accompagnato a casa per prendere gli effetti personali e avvisare la moglie. Ed è stato a questo punto che l’«arrestato» si è accorto che la strada che l’auto stava percorrendo era sbagliata. «Abito da un’altra parte», ha urlato. In breve l’equivoco è stato chiarito. Il capo della pattuglia giunto nel frattempo - l’auto con «l’arrestato» si era fermata - gli ha finalmente chiesto il nome. Ma non gli è bastato. Perché ha voluto verificare la carta d’identità. «Ci scusi - ha detto poi il poliziotto - è stato un equivoco, uno sbaglio. Ora l’accompagnamo a prendere a scuola sua figlia». Ma Gianluca Breggion ha prudentemente declinato l’invito. È sceso dall’auto degli agenti e il più velocemente possibile se n’è andato. Facendo perdere le tracce...
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