Trieste, “capo in B” più caro del caffè: «Lavoro e latte, giusto così»
Il prezzo differenziato tradisce lo spirito triestino ma secondo gli operatori ha dei buoni motivi: «Bevanda tipica della città, non una semplice tazzina e ognuno è libero di applicare una tariffa»
Un “nero” e un “capo”, molto spesso richiesto in bicchiere, hanno sempre avuto lo stesso prezzo. Ma da un po’ di tempo nella patria triestina del caffè, richiesto e proposto in svariati modi, qualcosa è cambiato. Il motivo non è dato solo dall’incalzare dei prezzi – dal chicco di caffè al latte, fino all’energia elettrica – ma è da ricercare nella proposta più alta qualità che, nel caso specifico del caffè triestino, vede sempre più locali puntare sulla cultura della bevanda più consumata in città, accompagnata anche da una serie di eventi, incontri e fiere.
Ma il prezzo differenziato fra “nero” e “capo” come si coniuga? Il Caffè Urban, recentemente aperto in largo Barriera, sembra aver fatto apripista al banco: 1,30 euro il caffè, il capo in bicchiere a 1,50 euro.
Cosa comporta questa scelta nel panorama triestino? E soprattutto come influenzerà in futuro le scelte anche degli altri locali? Secondo gli esperti del settore che si occupano della cultura del caffè e della sua diffusione, «il listino prezzi di ogni esercente può essere scelto a piacimento – spiega Arianna Mingardi, presidente dell’Associazione Caffè Trieste e titolare del bar Amigos – È una libertà che è giusto avere, perché comprende anche la scelta di determinate miscele che si differenziano per qualità e lavorazione».
Il capo in bicchiere è il caffè al banco più diffuso tra i triestini. È vissuto non soltanto come una semplice pausa, rappresenta un vero e proprio rito. Il bicchiere deve essere quello giusto, con la delicatezza della miscela che si unisce alla cremosità del latte e alla schiuma finale.
È un cavallo di battaglia della città, insomma, che ha spinto perfino alla creazione di competizioni amichevoli sulla creazione del miglior capo in bicchiere, come quella organizzata da Trieste Coffee Festival. Allo stesso modo, il caffè in bicchiere tipicamente triestino è una bevanda diventata famosa a livello internazionale, richiesta dai turisti in visita, curiosi di conoscerne e assaporarne la particolarità.
Il prezzo maggiorato rispetto alla “semplice” tazzina di caffè da molti habitué viene vissuto come un “tradimento” della variegata tradizione triestina. Gli operatori, però, non la pensano così. «Parlare di prezzi uguali su ogni scelta – sottolinea Alberto Polojac, coordinatore della Sca italy e referente di Trieste Coffee Festival – è anacronistico. Il prezzo sul caffè non è uniformato e questo ci serve per fare capire che esistono valori diversi sulla sua qualità»
«Caffè è un termine generico – dice Federica Suban, presidente della Fipe – e tenere in conto l’utilizzo del latte e del costo che ha è necessario anche per dare un valore aggiunto a una bevanda che è tipica del nostro territorio. Molto dipende anche da come viene servito, che tipo di miscela viene utilizzata e tutta l’etichetta da rispettare per un’ottima preparazione».
Un vero must, insomma, che ha tutte le caratteristiche per meritarsi un di più rispetto a un espresso. «Il capo in bicchiere ha un centilitro di latte in più del semplice capo in tazzina – spiega Omar Zidarich, presidente del Gruppo Italiano Torrefattori Caffè. – La peculiarità è avere una bevanda più leggera e speciale. Nasce a Trieste come compromesso tra la cultura italiana e quella balcanica. L’aumento del prezzo dà valore a una correzione che effettivamente esiste. Inoltre l’aumento del caffè a scaffale nei supermercati è già arrivato al 40% in più e il caffè al bar è destinato ad aumentare ancora, quindi è importante capire che esistono delle etichette di miscela specifiche e il costo è dato anche dall’inflazione che, nel caso specifico del caffè, sta vedendo dei tempi molto duri da affrontare». —
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