Trieste capitale del caffè. E Napoli riapre la “guerra”
“Na’ tazzulella ‘e cafè” sfida nuovamente il “capo in B”. Si riaccende la guerra del caffè sull’asse Napoli-Trieste, dopo che il capoluogo giuliano è riuscito a ritagliarsi una importante fetta di visibilità all’interno dell’Esposizione universale di Milano, guadagnandosi l’etichetta di “Capitale del Caffè” e confermandosi baricentro nazionale dei traffici del prezioso chicco.
Apriti cielo. Il presunto affronto non è andato proprio giù ai cittadini napoletani, convinti di essere gli unici custodi di una tradizione che mette la tazzina di caffè al centro della quotidianità degli italiani. I partenopei hanno scomodato tutto il loro vastissimo patrimonio culturale, nel tentativo di riportare il maltolto all’ombra del Vesuvio. Un contrattacco a base di classici della musica italiana e testi teatrali d’antan.
Alla tazzina interpretata da Pino Daniele, «ca sigaretta a coppa pè nun verè», la difesa d’ufficio dell’onore partenopeo ha schierato l’immancabile Eduardo De Filippo, nei panni di Pasquale Lojacono, protagonista del celeberrimo dialogo con il professore Santanna nella commedia “Questi fantasmi”. E che dire degli incontri a Poggioreale fra il brigadiere Pasquale Cafiero e il detenuto don Raffaè? «A che bell’ò cafè pure in carcere ‘o sanno fa», cantava Fabrizio De Andrè, assecondando con queste parole la tesi napoletana.
Trieste, dalla sua, non può certamente schierare un simile parterre de roi. Se la tradizione cantautoriale potesse assegnare il titolo di “Capitale del Caffè”, i triestini rimarrebbero sicuramente a mani vuote. Ma non è così. «Con tutta la simpatia e il rispetto che nutro per i napoletani – spiega il presidente dell’Associazione Caffè Trieste Massimiliano Fabian – non si può negare il primato di Trieste per quanto riguarda il caffè».
Lo dicono i numeri, che raccontano una storia che affonda le radici lungo le banchine del porto giuliano. Con 2,5 milioni di sacchi in un anno, 750mila dei quali rimangono in giacenza, il Porto di Trieste conquista il primo posto nel Mediterraneo per quanto riguarda lo sdoganamento del caffè. Solo Genova e Savona riescono a tenere il passo del capoluogo regionale del Fvg. «Trieste rappresenta l’unico Coffee Cluster riconosciuto a livello europeo – spiega Fabian –. Si tratta di un distretto industriale che integra tutta la filiera del caffè, dall’arrivo della materia prima fino alla consegna del prodotto finito».
Un luogo strategico per gli scambi commerciali del chicco verde, che vede in prima linea importatori quali Sandalj, Cogeco, Imperator, e spedizionieri quali Pacorini. A questi, e a molti altri, si aggiungono i torrefattori, che lavorano il chicco per farcelo arrivare nella tazzina con tutto il suo aroma. Illy, Primo Aroma, Excelsior: sono solo alcuni dei brand che contribuiscono a esaltare il nome di Trieste sulle rotte del caffè.
«Anche la Borsa di Londra – aggiunge Fabian – ha scelto Trieste come punto di consegna per la varietà “robusta”. Senza contare l’aspetto dell’innovazione e della ricerca, che ci pone all’avanguardia grazie a tre laboratori specializzati e accreditati: l’AromaLab di Illy, il Demus Lab e il laboratorio della Camera di commercio». L’azienda Demus, di cui lo stesso Fabian è amministratore delegato, è una delle poche al mondo che si occupa esclusivamente di decaffeinizzazione, mentre la Dna Analytica del professor Giorgio Graziosi effettua degli studi specifici sul genoma di questa pianta.
Ogni due anni, inoltre, Aries e Assocaffè Trieste portano in città il più importante appuntamento dedicato al caffè: TriestEspresso Expo è un evento patrocinato dall’Ico-International Coffee Organization che richiama quasi 11mila operatori professionali da tutto il mondo. La guerra di cifre potrebbe continuare all’infinito, finendo per tirare in ballo i caffè storici che animano le due città, se non ci venisse in soccorso proprio la tradizione napoletana: «Chi ha avuto, ha avuto, ha avuto, chi ha dato, ha dato, ha dato, scurdámmoce ’o ppassato».
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