Trieste, bombe inesplose a Servola. Operazione bonifica al via

Il Comune stanzia 10mila euro e avvia un’indagine di mercato per trovare un’azienda specializzata che prepari il terreno all’intervento degli artificieri
Lasorte Trieste 08/05/17 - Via del Pane Bianco, Terreno, Ordigni Bellici
Lasorte Trieste 08/05/17 - Via del Pane Bianco, Terreno, Ordigni Bellici

TRIESTE Cosa c’entra una bomba con un’indagine di mercato? C’entra, perchè proprio attraverso questa procedura amministrativa il Comune triestino vuole individuare un’azienda in grado di risolvergli un annoso problema: la bonifica di un terreno dove sono ancora conficcati ordigni bellici risalenti al secondo conflitto mondiale.

L’atto, pubblicato lo scorso 3 maggio nel sito informatico municipale alla voce “amministrazione trasparente”, è correlato a una determina dell’Area polizia locale e sicurezza, a cura della “p.o.” Andrea Prodan, che spiega premesse e svolgimenti dell’insolita vicenda.

“Esplode” dopo 70 anni la bomba di Servola

Tanto per cominciare, gli scomodi ospiti, cioè i due ordigni bellici di cui sopra, si trovano in via del Pane Bianco in quel di Servola. Sonnecchiano in un terreno incolto di circa 500 metri quadrati. Li ha scovati - racconta la determina firmata da Andrea Prodan - un’indagine eseguita dal dipartimento di Matematica e Geoscienze dell’Università triestina, più esattamente dalla cosiddetta “Egg”, l’unità di geofisica di esplorazione.

Dal lavoro della struttura universitaria sono emerse «due anomalie radiometriche compatibili con la presenza di ordigni bellici inesplosi risalenti al secondo conflitto mondiale».

Ai rilievi hanno assistito - informa l’atto municipale - tecnici della Protezione civile ed esperti del 3° reggimento del Genio guastatori, acquartierato a Udine. In realtà il controllo si è concentrato su un’area più ristretta di 50 metri quadrati, dove le due «anomalie» sono state stimate a differenti profondità di 50-150 cm e di 150-250 cm.

In seguito a questi risultati che confermavano il “sospetto” di vecchie bombe non lontanissime da zone abitate, la Prefettura incaricava il Comune, nell’espletamento delle competenze in materia di Protezione civile, di trovare una ditta specializzata nel trovare e isolare i due ordigni, lasciando poi agli artificieri il compito del disinnesco.

Così il 10 giugno ’44 Trieste si svegliò sotto le bombe
L'inizio del bombardamento di Trieste del 10 giugno 1944 in un'immagine celebre

In considerazione del particolare ufficio, la ditta in questione deve vantare requisiti appositi ed essere iscritta nell’albo delle imprese che si occupano di “bonifica bellica sistematica”, istituito con decreto ministeriale due anni fa.

L’indagine di mercato avviata dalla “p.o.” Prodan convergerà su 6 aziende che hanno sede in Veneto, perchè il Friuli Venezia Giulia, nonostante decenni di passato confinario militare in prima linea, non è dotato di “bonificatrici”.

Le 6 candidate hanno manifestato il loro interesse e la prossimità geografica al terreno servolano consentirà alla civica amministrazione il contenimento dei costi: a tale scopo Prodan ha messo da parte 10 mila euro, che saranno assegnati al competitore capace di prospettare al pubblico committente triestino il prezzo più basso. Il Comune spedirà alle candidate la documentazione prodotta dall’Università e un po’ di foto, invitandole a un sopralluogo in via del Pane Bianco.

Insomma, passi avanti buro-amministrativi per venire a capo di una vicenda che, a dir il vero, dura da perlomeno 13 anni o, se si preferisce, da 73. Come ricordava Ferdinando Viola sul “Piccolo” del 14 dicembre 2014, la prima segnalazione della presenza di un ordigno di origine bellica venne fatta da un testimone oculare, Duilio Gurian.

Allora di anni ne aveva 18, quando il 10 giugno 1944 su Trieste furono sganciate 400 bombe dai bombardieri Alleati appartenenti al 47th e 55th Bomb Wing, e al 449th e 450th Bomb Group: provocarono 463 vittime, 800 feriti ricoverati e 1.500 medicati, 101 case private e due edifici pubblici distrutti, oltre 4.000 sinistrati.

Le bombe ridussero in macerie la Chiesa della Madonna delle Grazie in via Rossetti, danneggiarono seriamente la raffineria Aquila, lo Scalo Legnami, la zona di San Sabba, il magazzino dei Monopoli e lo stabilimento Omsa, il cantiere San Marco, l’Arsenale Triestino e altri impianti industriali. La prima ondata si abbattè sulla città alle 9.20 di una splendida giornata di sole, la seconda alle 9.30.

Il giovane Gurian, con il padre, si trovava nel campo di via del Pane Bianco, preso in affitto e seminato a erba spagna. Era certo che uno degli ordigni si fosse conficcato nel terreno, senza esplodere. Dopo la denuncia alla Questura alcuni agenti si recarono sul posto, recintarono il terreno e posero un cartello con scritto “vietato entrare per pericolo ordigno".

Per la bomba inesplosa sarà evacuato il rione

E basta. Ma Gurian non mollava: dopo varie segnalazioni ad autorità politiche e militari, finalmente nel 2004 il V Reparto Infrastrutture di Padova - Nucleo artificieri - effettuò un sopralluogo in via del Pane Bianco. Nella relazione gli artificieri chiedevano un approfondimento di indagine mediante una ditta specializzata per trivellazioni da spingere a 3-5 metri.

Trivellazioni che nel 2010 l’allora questore Padulano - scriveva Viola - sollecitava Comune e Prefettura a eseguire. Ma che non furono mai eseguite. Vennero fatte solo «alcune analisi» il 16 febbraio 2011 ma non sembrava avessero rilevato traccia di ordigni inesplosi.

Invece, tre anni dopo, il dossier “inesploso” planò sul tavolo della giunta Cosolini, tant’è che il vicesindaco Fabiana Martini ne riferiva in Consiglio comunale. E nel novembre 2014 la Prefettura convocò una conferenza di servizi per organizzare, attraverso la rinnovata consulenza dei militari padovani, un ulteriore approfondimento sul terreno di via del Pane Bianco.

«In quella sede - aveva comunicato il vicesindaco - il rappresentante militare presente ha comunque escluso una pericolosità immediata dell'eventuale ordigno presente, significando che un pericolo potrebbe essere costituito, qualora messo alla luce, solo da un'azione diretta e violenta con il percussore dell'ordigno stesso».

Da allora altri due anni e mezzo fino all’indagine di mercato che ha lo scopo di aprire il cantiere in quel campo abbandonato, seminato solo dagli aerei anglo-americani.

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