Trieste, biotossina nelle cozze: chiuse tutte le mitilicolture

In Piemonte 60 persone sono rimaste intossicate per aver mangiato i ”peoci” provenienti dall'Alto Adriatico. Aperta un'inchiesta che coinvolge mezza Italia, indaga il pm Guariniello
TRIESTE
Tutte le mitilicolture del golfo di Trieste sono state chiuse per decisione dell'Unità operativa veterinaria igiene degli alimenti di origine animale dell'Azienda sanitaria del capoluogo giuliano dopo aver accertato la presenza della biotossina Dsp.


Lo si è appreso ieri dal responsabile dell'unità Maurizio Cocevari. E potrebbe essere stato esportato dalla nostra area l'inconveniente che sta provocando a Torino un'ondata di ricoveri per intossicazione alimentare da cozze.


È questa una delle ipotesi prese in esame dai funzionari della procura subalpina che stanno svolgendo accertamenti sul fenomeno. I casi di intossicazione sono una sessantina; ne risultano però anche in Liguria e in Valle d'Aosta. Le cozze consumate dagli acquirenti non appartengono alla stessa partita e provengono da fornitori di diverse località italiane. Il pubblico ministero Raffaele Guariniello, però, nel raccogliere la documentazione relativa alle varie aree geografiche interessate ha scoperto un provvedimento dell'Asl di Trieste legato a problemi di salubrità dei molluschi che era stato emesso lo scorso 16 settembre e riguardava appunto la biotossina.


I primi ricoveri a Torino erano avvenuti sabato sera, ma domenica, sono diventati un'ondata, in vari ospedali della città e dintorni. Dolori intestinali, nausea, denutrizione, ecco i sintomi più comuni che hanno allarmato la gente. Controlli a tappeto sono scattati nei supermercati e mercati rionali della città e dell'hinterland.


I carabinieri del nucleo antisofisticazione hanno acquisito campioni di cozze. Si tratta di un'attività di controllo effettuata "autonomamente e su mandato del sostituto procuratore Raffaele Guariniello", spiega il luogotenente Loreto Buccola, vicecomandante del Nas di Torino.


E' saltata fuori subito l'anomalia: i mitili erano stati acquistati in mercati diversi. Di qui è partita prima l'indagine sanitaria e poi quella dei funzionari della procura subalpina: l'intossicazione avrebbe origini, appunto, triestine.


Ieri sono stati eseguiti esami in metà della zona costiera di Trieste: consentiranno di stabilire se la situazione degli allevamenti di mitili è cambiata, anche grazie al maltempo degli ultimi giorni.

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