Trieste, bimbo conteso: deciderà lui dove vivere

Lo ha stabilito il Tribunale dei minori. Il 13 febbraio l'udienza per la nomina di uno psicologo infantile: dovrà valutare se il bambino è in grado di razionalizzare la sua scelta

TRIESTE Deciderà Andrea se stare col papà a Trieste oppure con la mamma in Sudamerica. Perché da ieri il destino del piccolo di sei anni (il nome utilizzato, Andrea, è di fantasia per non rendere identificabile il bambino) dipenderà in effetti soltanto da lui. Attualmente vive a Trieste, dove il padre lo ha in affidamento, ma un tribunale del Paese sudamericano dove sta la madre ha dato ragione alla donna. 

 

 

Questo - cioè che la decisione spetta al bimbo - ha infatti stabilito il collegio del Tribunale dei minori presieduto da Silvia Balbi, a latere Elisabetta Moreschini, pm Leonardo Tamborini. In aula erano presenti entrambi i genitori con i rispettivi legali. Per il padre William Crivellari e Paolo Gippone, per la madre Michele Della Bella e Licia Amato.
 
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La perizia. Alla fine è stata disposta una perizia affidandola alla psicologa infantile Alessia Trevisan. Il ctu (consulente tecnico d’ufficio) sarà formalmente nominato il prossimo 13 febbraio: dovrà rispondere ai giudici sulle capacità di discernimento del bambino e soprattutto - questo è il quesito - dire loro se Andrea sia in grado di comprendere le conseguenze delle sue scelte. Poi, dopo l’ok della psicologa, finalmente il bambino sarà sentito dai giudici. E in quell’occasione si esprimerà rappresentando la sua volontà.
 
Fase di stallo. Per ora dunque bocce ferme nella battaglia giudiziaria, senza esclusione di colpi, tra il padre triestino e la mamma sudamericana. Ed è di fatto la prima pausa della sconvolgente (per il bambino) vicenda iniziata sei anni fa, pochi mesi dopo la nascita di Andrea. La mamma, di origini sudamericane, lo aveva portato nel suo Paese per quella che, a detta della donna, avrebbe dovuto essere solo una vacanza. Alla scadenza del termine, però, la donna non era rientrata in Italia. E ovviamente neppure il bambino, rimasto dunque in quel lontano Paese. Così è iniziato il calvario del padre che, recatosi in Sudamerica, aveva attivato la convenzione Aja per i minori, chiedendo il rientro del bambino in Italia, Paese in cui era nato, in cui aveva vissuto i primi mesi di vita e di cui ha la cittadinanza. 
 
 
La mossa della madre. A margine dell’udienza di ieri è emerso un ulteriore particolare. Il padre ha rivelato che in quella circostanza l’ex moglie aveva registrato al consolato di Trieste il bambino con nome della madre, seppur non tacendo nulla riguardo il riconoscimento da parte del padre. «La legge di quel Paese - ha detto l’uomo - impone il pagamento del mantenimento da parte del padre ma senza alcun diritto». In primo grado, l’autorità straniera aveva accolto la sua richiesta disponendo il rientro del bambino in Italia. Il padre aveva anche ottenuto dal Tribunale per i minorenni l’affidamento esclusivo del figlio, tanto che aveva ordinato che Andrea fosse immediatamente ricondotto nel nostro Paese. Tuttavia in Sudamerica la decisione di primo grado non è esecutiva, contrariamente a quanto avviene in Italia. Il bambino è quindi rimasto all’estero e peraltro un giudice di secondo grado ha riformato la prima sentenza rigettando la richiesta del padre. Il quale però nel 2013 è riuscito a riportarlo in Italia.

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