Trieste, bimbi maltrattati nel centro estivo: famiglie risarcite e maestra assolta

Il processo all’educatrice goriziana in servizio nell’asilo di via Tigor nel 2018. Alle parti civili 15 mila euro
Silvano Trieste 2019-06-06 Asilo di via Tigor
Silvano Trieste 2019-06-06 Asilo di via Tigor

TRIESTE Le ipotesi di accusa di maltrattamenti o in alternativa di abuso dei mezzi di correzione ai danni di bambini di età tra l’anno e mezzo e i 2 anni e mezzo contestate all’educatrice, all’esito del rito abbreviato hanno visto il pronunciamento da parte del Gup dell’assoluzione, rispettivamente perché il fatto non sussiste e perché il fatto non costituisce reato.

Si è concluso in questi termini il procedimento nei confronti di E.G., 27 anni, di Gorizia, a fronte del risarcimento alle parti civili, una decina di genitori, avvenuto in fase di udienza preliminare, con il ritiro dal procedimento e da ogni rivalsa civilistica. Un risarcimento complessivo di circa 15 mila euro.

La vicenda risale al periodo tra luglio e agosto del 2018, nell’ambito di un Centro estivo dedicato ai piccoli dai 6 mesi fino ai 2 anni e mezzo, promosso dal Comune di Trieste, che aveva affidato la gestione, mediante assegnazione di appalto, a una cooperativa. Tutto era partito dalle segnalazioni da parte di alcuni genitori nel periodo pressoché iniziale dell’attività svolta dagli educatori dipendenti della cooperativa, che erano culminate nell’avvio delle indagini, con l’installazione di telecamere nascoste all’interno della struttura sede del Centro estivo “La Mongolfiera-Lunallegra” di via Tigor.

La giovane goriziana aveva preso servizio successivamente, rimanendovi per pochissimi giorni, dovendo interrompere il lavoro a seguito di malattia. Gli episodi contestati erano collocati tra il 31 luglio al 2 agosto. In base alle videoregistrazioni, erano stati ravvisati profili penali circa il comportamento dell’educatrice, che aveva in consegna i piccoli, tutti dall’anno e mezzo fino ai 2 anni e mezzo. Da qui, dunque, le ipotesi di maltrattamenti o in alternativa di abuso di mezzi di correzione. Nel corso dell’indagine, inoltre, era stata richiesta la misura cautelare, respinta dal Gip.

Una situazione evidentemente delicata. Il difensore, avvocato Guglielmo Bancheri, aveva richiesto la messa alla prova per la propria assistita, rispetto all’ipotesi di abuso di mezzi di correzione, subordinata al risarcimento delle parti civili. Istanza per la quale il giudice non si era pronunciato non essendo in grado di decidere, dovendosi necessariamente valutare l’eventuale dolo soggettivo. Il legale aveva pertanto richiesto il rito abbreviato per discutere nel merito in sede di udienza preliminare davanti al Gup Massimo Tomassini. Il procedimento con rito abbreviato s’è tenuto lo scorso 18 dicembre. L’avvocato Bancheri, da parte sua, ha insistito sull’assenza dei maltrattamenti nei confronti dei bambini, sostenendo quindi il mancato dolo in ordine all’abuso di mezzi di correzione contestato a fronte dell’istanza di messa alla prova, e del già effettuato risarcimento alle parti civili, ritiratesi dal procedimento.

Il Gup Tomassini, accogliendo l’istanza del legale, alla fine ha pronunciato la sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste in relazione ai maltrattamenti e assoluzione perché il fatto non costituisce reato in ordine all’abuso dei mezzi di correzione. Secondo la pubblica accusa, gli episodi contestati riguardavano sostanzialmente alcuni comportamenti dell’educatrice, facendo riferimento a «trascinamenti sul pavimento», nell’«afferrare i bambini per le gambe o le braccia sollevandoli per metterli con forza a sedere». Modalità, dunque, in base alle contestazioni della pubblica accusa, che andavano oltre una conforme disciplina di correzione.

L’avvocato Bancheri, all’esito della sentenza, ha osservato: «Le segnalazioni erano scaturite ben prima che la mia assistita prendesse servizio al Centro estivo, seguite dall’installazione delle telecamere. Quanto alle ipotesi di accusa contestate, a fronte anche della consulenza di parte, posso affermare che in realtà gli episodi in questione erano stati interpretati in modo troppo penalizzante per la mia assistita. Si era trovata a dover gestire da sola il gruppo di bambini dovendo intervenire con una certa energia per evitare proprio che i piccoli si facessero male».—

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