Trieste, berlusconiani nel caos. Rosolen trasloca nel Pdl
TRIESTE. Chissà come la prenderà uno come Roberto Dipiazza, possibile candidato sindaco con tanto di benedizione camberiana. Lui, vulcanico e spiccio, pronto a scendere in battaglia contro Roberto Cosolini. A condizione, però, di avere con sé un centrodestra compatto e che invece, per l’ennesima volta, si spacca come un bicchiere sul pavimento sullo sfondo di una curiosa vicenda di primi della classe, gettoni e vecchi rancori.
Il dato, l’unico documentabile, è che Alessia Rosolen decide di passare da Un’Altra Trieste al Pdl. Pdl? Suona già strano, ma a Palazzo Cheba il partito del predellino sopravvive ancora perché conviene agli equilibri degli eletti. E alle tasche, visto che il doppio contenitore, insieme a Fi, consente un’altrettanto doppia rappresentanza nelle commissioni e quindi un guadagno.
Il fatto: giovedì alle 15 e 36 Rosolen consegna agli uffici una lettera in cui chiede il trasloco dagli ex nemici (nel 2010 il partito di Berlusconi - Menia& Tondo - l’aveva cacciata dalla giunta perché aveva abbracciato il movimento del compagno Bandelli), pur mantenendo la propria «autonomia e identità politica», si legge nel testo. Dietro a questa scelta si consuma un giallo. Primo dubbio: perché Rosolen in quel foglio scrive che è stata autorizzata dal capogruppo Paolo Rovis. Il quale pure firma, in calce, l’operazione.
Il capogruppo, dal 17 aprile, sembrerebbe invece Lorenzo Giorgi. «Certo - informa il patron della Sagra della sardela - così è stato stabilito da me e Manuela Declich». Hanno i numeri: due contro uno. Ma la vittima non ha digerito e vive la mossa come uno scippo. «Quei due hanno depositato a mia insaputa un documento con cui mi hanno tolto il posto», protesta Rovis. L’ex assessore è un esponente di Ncd, va detto: forse questo può aver contribuito al presunto sgambetto. «Innanzitutto è un’operazione fuori dal regolamento perché non è avvenuta con un’elezione - insiste l’alfaniano - e poi in questo modo hanno trasformato il Pdl in una succursale di Fi. Infatti da una parte hanno il loro partito con Bertoli capogruppo e ora pure il Pdl con a capo proprio Giorgi. Così si cancella una voce, la mia».
Ma che bisogno ha avuto Giorgi a prendersi la poltrona? Non risultano stipendi aggiuntivi. «Una staffetta legittima a un anno dalle elezioni», spiega lui. Era aprile quando è accaduto lo sgarro, ma il caso è scoppiato l’altro giorno in un’infuocata riunione di capigruppo, dove Rovis ha cercato di far valere le proprie ragioni. Adesso l’eventuale ingresso di Rosolen potrebbe ribaltare la frittata: l’ex consigliere di Un’Altra Trieste è intenzionata a dare man forte proprio a Rovis. Si rimettesse in discussione il ruolo di capogruppo, sarebbe proprio lui, in quanto consigliere “più anziano”, ad averla vinta grazie al voto della collega.
Ma perché è così ambito quello scranno? Il designato ha potere di stabilire chi va nelle commissioni, e dunque chi ottiene il gettone: Rovis potrebbe preferire se stesso e pure Rosolen anziché Giorgi e Declich. Un’ipotesi. L’altra: Rovis, esautorato, teme di perdere terreno con Ncd. Una terza, che giustificherebbe l’intervento di Rosolen: non darla vinta ai berlusconiani. Una prova di forza anche in vista dei pesi in gioco nelle prossime elezioni. Ma per l’ex assessore della giunta Tondo è una questione di principio: «Un passaggio tecnico per ristabilire la corretta rappresentanza - afferma -. Perché un percorso comune del centrodestra deve essere compiuto nel rispetto della pluralità delle voci». Giorgi, tuttavia, potrebbe rifiutare l’ingresso: «Vedremo - dice il pidiellino -. E vedremo come Rosolen spiegherà ai suoi elettori il cambio di casacca».
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