Trieste, benzinai dimezzati nel giro di dieci anni
TRIESTE Dal 2007, ultimo anno di benzina agevolata (da allora è rimasto attivo infatti solo lo sconto regionale), ad oggi, il settore degli impianti di rifornimento a Trieste ha subito un calo di vendite del 65%. Alcuni gestori hanno chiuso, altri sono in grande difficoltà. Pesano la storica concorrenza della Slovenia, gli affitti spesso molto cari dei distributori, insieme a una contrazione generale dei consumi.
A fornire i dati e una visione complessiva della categoria è il referente provinciale Figisc (Federazione italiana gestori impianti stradali carburanti, associata a Confcommercio), Mario Millo. «Negli ultimi nove anni il crollo degli affari è stato drastico - sottolinea -, in molti faticano ad andare avanti e qualcuno si è inevitabilmente arreso davanti a costi di gestione diventati ormai insostenibili, a fronte di guadagni che, rispetto a un tempo, sono più che dimezzati».
Il calo degli affari Millo, titolare a sua volta di un distributore, a Opicina, snocciola chiaramente numeri che mostrano il calo delle erogazioni di carburante. «Porto esempi concreti - spiega -. Al tempo dell’agevolata il mio distributore vendeva sei milioni di litri all’anno, adesso un milione e ottomila.
Alcuni impianti in centro sono passati da due milioni e mezzo di litri a cinquecentomila. Mentre a livello nazionale il calo registrato negli ultimi anni è del 17 per cento, qui si attesta al 65 per cento e la differenza va cercata soprattutto in Slovenia, dove i triestini continuano ad andare per il pieno».
La concorrenza E basta superare di poco l’ex confine, in diversi punti, da Rabuiese a Fernetti, per notare spesso le lunghe file di auto italiane. Soprattutto nel fine settimana o in prossimità di ponti festivi e altri periodi di vacanza, le code sono costanti e per molti automobilisti spostarsi in Slovenia è diventata un’abitudine consolidata, in particolare per chi utilizza la propria vettura quotidianamente.
Lo dimostrano anche i distributori spesso deserti a Trieste, dove resistono gli scooteristi, che non macinano chilometri per risparmiare su pochi litri. «Se sulla benzina alcuni impianti italiani ancora riescono a offrire prezzi concorrenziali - prosegue Millo - così non accede per il gasolio, che qui da noi comporta un esborso di gran lunga superiore rispetto agli sloveni, ma in generale il pieno “fuori” ormai è prassi».
I costi da sostenere Sul settore gravano poi pesanti costi di gestione, tali che in diversi casi la scelta di chi vi lavorava è stata quella di chiudere, prima il Tamoil a Barcola e poi l’Eni in via dell’Istria, davanti al cimitero. Chi ha potuto ha ridotto all’osso il personale, conservando spesso un solo addetto alla cassa, mentre alle pompe le persone si devono servire in autonomia, per saldare poi il conto una volta conclusa l’operazione.
«Le compagnie impongono pesanti affitti ai gestori - ricorda ancora Millo -. Basti pensare che un distributore dotato di lavaggio e bar paga all’anno cinquantamila euro. I costi si abbassano per un impianto semplice, che però fatica comunque. Per chi ha solo il carburante, spesso è in ogni caso difficile arrivare a fine mese. Qualcuno utilizza il self service per abbattere i costi, altri hanno la doppia scelta, tra piazzola “fai da te” e servizio abituale, ma c’è chi ancora resiste e ha mantenuto il personale che si occupa dei clienti in arrivo. Ma sono comunque molto pochi».
Le compagnie «C’è da dire poi - aggiunge ancora Millo - che le compagnie applicano tariffe per noi svantaggiose, per chi in generale si trova nelle zone confinarie. A tutto questo, si somma un lieve calo di spostamenti da parte degli automobilisti: è una flessione non particolarmente marcata ma che comunque incide nel complesso della crisi». I triestini insomma, come in altre parti d’Italia, se possono muovono meno l’auto rispetto a un tempo.
Numero di impianti dimezzato Nel corso degli ultimi dieci anni, sempre secondo il referente della categoria, i benzinai a Trieste si sono più che dimezzati. La sola via Fabio Severo, dove attualmente sopravvive un solo impianto, nella parte bassa dell’arteria cittadina, una volta ne contava ben cinque e così succede per tante altre zone della città. E per Millo è difficile guardare con positività al futuro. «Se qualcosa non cambia - conclude il referente provinciale Figisc -, per il settore si prospettano tempi sempre più duri».
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