Trieste, assegni antipovertà a 2.700 famiglie
TRIESTE Partita l’erogazione dei contributi di sostegno al reddito per 2.702 famiglie. Il Comune, che ha appena varato una determina dirigenziale per autorizzare ufficialmente l’operazione, ha iniziato proprio in questi giorni la liquidazione delle somme sulla base delle domande presentate dai cittadini da ottobre a dicembre, per un totale di quasi 12 milioni di euro.
L’ammontare va da un minimo di 70 euro a un massimo di 550 mensili. La cifra varia in base al reddito e alla composizione del nucleo familiare. I beneficiari ricevono un preavviso via sms o, per chi non ha trascritto il proprio numero di cellulare nella documentazione, via posta. Per Trieste è la prima tranche in assoluto dopo l’approvazione della legge regionale, avvenuta nel luglio del 2015, e del regolamento collegato.
I fondi sono riconosciuti a tutte quelle persone in difficoltà economica che hanno fatto domanda nei mesi scorsi rivolgendosi ai servizi sociali territoriali. E che, naturalmente, rientrano nei parametri: residenza in Friuli Venezia Giulia da almeno 24 mesi e Isee entro i 6.000 euro, innanzitutto. Il richiedente, inoltre, non deve possedere autovetture superiori a 2000 di cilindrata se alimentate a benzina, o 2500 se diesel, né imbarcazioni da diporto.
Nessun componente della famiglia, infine, deve ricevere altri trattamenti assistenziali nell’intero periodo di concessione della misura, il cui valore sia superiore a 600 euro mensili, elevati a 900 in caso di presenza di persona non autosufficiente. Queste, in sintesi, le regole.
Gli sportelli comunali, per il periodo ottobre-dicembre, si sono trovati con ben 3.345 pratiche, di cui 404 sono state respinte per mancanza dei requisiti. Quelle ammesse a contributo, dunque, sono 2.702: 1.703 presentate a ottobre, 584 a novembre, 415 a dicembre. Il fabbisogno complessivo richiesto alla Regione ha raggiunto quindi quota 11.783.340 euro. Le liquidazioni dei contributi, considerando il numero elevato di istruttorie che il Comune ha dovuto affrontare, sono previste in più tranche e dunque non tutte nello stesso giorno. Il ritiro avviene in banca.
Sono 239, invece, le nuove domande presentate dal primo gennaio, la cui erogazione partirà ad aprile: la documentazione è tutt’ora in fase istruttoria per accertarne l’ammissibilità; l’ammontare previsto necessario al loro soddisfacimento si aggira attorno al milione di euro. Non appena gli uffici comunali disporranno dell’esatto fabbisogno, la somma verrà comunicata alla Regione per ottenere il finanziamento. Per beneficiare del sostegno economico il cittadino deve però sottoscrivere una sorta di patto con gli enti preposti.
L’obiettivo di questa misura, secondo le intenzioni del legislatore, è infatti quello di accompagnare la famiglia, o il singolo, in un percorso di “inclusione” sociale. Dunque di inserimento lavorativo e di “riduzione dei rischi di marginalità”. Per questa finalità Regione e Comune prevedono una serie di attività destinate ai componenti del nucleo. Tra cui: azioni di ricerca attiva di un posto di lavoro, adesione a progetti di formazione o inclusione occupazionale, frequenza e impegno scolastico, comportamenti di prevenzione e cura volti alla tutela della salute e attività utili alla collettività. Ogni progetto è attivato in base alle necessità della persona.
Un patto, questo, che deve essere stipulato entro due mesi dalla concessione della misura. Qualora il diretto interessato non manifesti la disponibilità ad aderire a nessuna di queste tipologie di interventi, il contributo economico non sarà erogato o sarà revocato. La filosofia di fondo, come più volte rimarcato dalla giunta regionale e da quella comunale, è di rendere l’erogazione economica non un contributo “sine die”, fine a se stesso, ma come una spinta che possa consentire ai più bisognosi di affrontare il momento di difficoltà dovuto alla carenza di un reddito sufficiente.
A tal proposito è in corso una formazione ad hoc per gli operatori. Il fondo è concesso per un periodo complessivo di dodici mesi. Può essere rinnovato, previa interruzione di almeno un bimestre, per un’ulteriore annata; anche in modo non continuativo, a condizione che perdurino i requisiti di accesso. Le istruttorie del Comune devono verificare la congruenza dei dati dichiarati: principalmente residenza, contributi percepiti, composizione anagrafica e modello Isee.
Nella fase di controllo sono spuntati diversi errori: domande doppie, residenze non semplici da accertare e contributi assistenziali non dichiarati. Agli esclusi è stata recapitata una lettera raccomandata, con il motivo della non ammissione. Considerando il numero di domande, gli accertamenti hanno comportato un lavoro di non poco conto per gli uffici del welfare, dell’anagrafe e dei tributi.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Piccolo