Trieste, asportarono le ovaie sane: condannati

Due chirurghi del Burlo riconosciuti colpevoli per l’errore commesso in sala operatoria. Pene a dieci e otto mesi poi sospese
L'ospedale infantile Burlo Garofolo
L'ospedale infantile Burlo Garofolo

TRIESTE Dieci e otto mesi di reclusione. Sono le pene, sospese, a cui sono stati condannati due medici chirurghi della struttura ginecologica del Burlo - Enzo Baraggino, 73 anni e Adriano Purini, 70 anni, ora entrambi in pensione -, per aver asportato le ovaie sane ad una donna finita in sala operatoria. Episodio avvenuto nel 2010. A pronunciare la sentenza è stata il giudice onorario Valentina Guercini che ha accolto le richeste del pm. Disposta anche una provisionale dell’ammontare di 20mila euro in attesa delle determinazioni del giudice civile. Parte civile l’avvocato Roberto Mazza di Gorizia. Il difensore dei due medici, l’avvocato Massimiliano Marchetti, si è battuto per l’assoluzione dei due chirurghi ribadendo nella sua arringa «come il trattamento dell’adenocarcinoma all’endometrio previsto dalle linee guida nazionali e internazionali accreditate, essendo un tumore ormonodipendente, preveda l’asportazione delle ovaie». Ma non c’è stato nulla da fare.

All’origine della vicenda un fatto accaduto appunto nel 2010: vittima una paziente originaria della provincia di Udine. La donna, operata per un cancro all’utero, aveva firmato un consenso informato in cui chiedeva che e non le venissero asportate le ovaie a meno che non fossero state intaccate dalla malattia. Al risveglio dall’anestesia dopo l’intervento, però, aveva scoperto che gli organi le erano stati tolti. E questo era accaduto anche se un esame successivo aveva poi dimostrato che gli organi non erano stati coinvolti nella patologia. Da qui la scelta di sporgere denuncia, che ha attivato le indagini del pubblico ministero Maddalena Chergia.

Tolte le ovaie sane: medici a processo
Paolo Giovannini, Trieste 13/12/2008, Burlo.

Determinante al termine dell’istruttoria dibattimentale è stata la deposizione del consulente nominato dal Tribunale, il professor Nicola Ragni di Genova. Nella scorsa udienza era stata acquisita la testimonianza del professor Carlo Carlo Bouchè, che aveva seguito la paziente prima dell’operazione. «La donna si era rivolta a me a causa delle emorragie di cui soffriva al tempo - aveva spiegato - Gli esami hanno riscontrato un carcinoma all'endometrio». Si tratta di una patologia per la quale un tempo si usava di protocollo asportare sia l’utero sia le ovaie. Ma a partire dal 2006, però, la letteratura medica ha aperto alla possibilità di conservare le ovaie se non interessate dal tumore.

«Dopo aver consultato anche il Cro di Aviano - aveva spiegato Bouchè -, con la paziente abbiamo preso in considerazione la possibilità di operare senza asportare le ovaie, che sembravano non essere coinvolte».

La paziente all’epoca aveva poco più di quarant’anni, un’età precoce per quel genere di malattia, in cui la perdita delle ovaie comporta vari problemi come scompensi ormonali, menopausa precoce e forti ripercussioni psicologiche.

Ma in questi casi soltanto una volta iniziato l’intervento, ad addome aperto, i chirurghi possono valutare con certezza se le ovaie sono state compromesse dalla neoplasia. Oltre alla valutazione “visiva”, una biopsia può confermare o meno l'estensione del tumore agli organi.

«Il dottor Baraggino aveva insistito per operare lui la donna - aveva poi spiegato Bouchè -. Non ho assistito all'intervento, e quando sono arrivato le ovaie erano già state asportate». Infine secondo Bouchè «la paziente aveva espresso la volontà che venissero salvate. La descrizione dell’intervento non giustifica la privazione: i chirurghi avevano riscontrato un’apparente endometriosi, che è un’altra patologia, benigna». Il consenso informato della paziente, aveva aggiunto, «chiedeva specificamente la conservazione degli annessi».

Ricostruzione questa che poi è stata confermata sul piano tecnico dal consulente del Tribunale. E da qui la sentenza di condanna.

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