Trieste, amianto killer in banchina: in arrivo altre due sentenze

In ballo richieste per un milione dopo i 645mila euro riconosciuti nel ricorso pilota

L’Autorità portuale rischia altri due maxirisarcimenti per decessi da amianto nell’arco di un paio di mesi. Il caso di Gino Gruber, l’ex dipendente della Compagnia portuale Terra morto nel 2015 per mesotelioma, non è l’unico: l’Authority, in questi giorni condannata in primo grado dal giudice del lavoro del Tribunale di Trieste a pagare 645mila euro, potrebbe presto incappare, dunque, in una doppia sentenza milionaria, attesa tra novembre e dicembre.


I fascicoli in mano ai magistrati riguardano, in particolare, due ex operatori in sevizio all’allora Ente porto: assunti tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta, andati in pensione attorno al ’90 e morti recentemente proprio a causa della continua esposizione al pericoloso materiale, avvenuta sulle banchine dello scalo durante le operazioni di scarico dei sacchi. In quell’epoca il traffico navale, per questo tipo di merce, abbondava: a Trieste, tra gli anni Sessanta e Novanta, erano approdate circa 600mila tonnellate di amianto. Quando le gru imbragavano la merce, una parte andava distrutta: i sacchi erano di carta. La polvere, così, si liberava nell’aria, depositandosi nei magazzini e sul resto degli stoccaggi.

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E veniva respirata, inevitabilmente, con rischi devastanti per l’organismo: d’altronde ogni grammo di amianto, come emerso nei processi, conteneva ben 10 milioni di fibre. E i portuali, ignari, lavoravano senza alcuna misura di sicurezza.


Le altre due famiglie che hanno ingaggiato la loro battaglia contro l’Authority sono difese dall’avvocato Fulvio Vida, analogamente ai parenti di Gruber. Il legale è da anni uno specialista in questo genere di controversie. Se l’esito processuale dovesse concludersi a favore delle parti lese, l’Autorità portuale si troverebbe a saldare una cifra attorno al milione di euro. Circa 500mila euro per una delle due vittime, e 500mila per l’altra. Due casi, questi, che rientrano nelle tragiche statistiche sui decessi da amianto.

L’ultimo report di giugno, che ha tenuto conto sia della provincia di Trieste che di quella di Gorizia, parlava di 273 vittime certificate. 196 nell’Isontino e 77 nel capoluogo giuliano. Ma ulteriori accertamenti ancora in corso su altre persone scomparse potrebbero far schizzare il dato a quota 380. Numero destinato a gonfiarsi ulteriormente, stando ai timori degli esperti, visto che l’incubazione della patologia ha un periodo trentennale. Non a caso i decessi avvenuti in tempi più recenti riguardano operatori che avevano svolto la propria attività professionale, per l’appunto, tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Novanta. Si stima peraltro che in quell’epoca sarebbero stati almeno duemila i portuali impiegati nelle operazioni di carico e scarico dalle navi e dai treni.

Trieste, amianto killer in Porto. Primo maxirisarcimento
Panoramica del Porto di Trieste


Ora la sentenza sulla vicenda di Gino Gruber crea di fatto un precedente giudiziario di non poco conto: per Trieste si è trattato del primo maxirisarcimento per un lavoratore di una compagnia portuale. Il provvedimento del Tribunale ha infatti accertato la responsabilità diretta sulla salute delle persone dell’allora Ente porto. La compagnia non era una società esterna, ma incarnata nelle struttura logistica. Forniva manodopera in quantità per il lavoro sulle banchine. Nessuno dei manovali sapeva a cosa andava incontro. E chi sapeva, ai piani alti, non ha fatto nulla.

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