Trieste, alabarda vietata al funerale. E il Mtl attacca la Chiesa
Libera Chiesa in libero Stato. E nel Territorio Libero di Trieste? I Patti Lateranensi saranno stati ratificati dall’Onu? In attesa di un Corcordato triestino la questione Chiesta-Tlt è esplosa a Servola durante un funerale. Tutto a causa di un ammaina bandiera. «Si può chiedere di essere sepolti con la bandiera del proprio Stato? A Trieste no, se non è il tricolore italiano» denuncia Roberto Giurastante, presidente e portavoce del Movimento Trieste Libera, sul suo blog citando il «funerale di una nostra anziana fervente sostenitrice». Il testo, dal titolo ossianico “Rispetto per i morti”, è apparso il 6 marzo anche sul sito di Trieste Libera con relativa sfilza di commenti.
La fervente militante passata a miglior vita è l’ultraottantenne Anita Ugrin, nonna Anita per tutti, una presenza fissa alle manifestazioni del movimento, una vera sfegatata del Tlt nonostante il nome garibaldino. Il 22 giugno scorso era persino sul Ring a Vienna a marciare con la sua carrozzina per l’autodeterminazione di Trieste. Il funerale si è tenuto il 27 febbraio: la camera ardente allestita n via Costalunga dalle 10 alle 11 e la tumulazione nel cimitero di Servola alle 12. «Alla messa funebre della nostra cara Anita il divieto, da parte della Chiesa, di coprirne il feretro con questa “scomoda” bandiera (l’alabarda di Trieste in campo rosso, ndr) conferma, di questi tempi, quanto sia acuta la crisi dei valori assoluti. A partire da quel principio di compassione precetto fondamentale ai figli di Noè. Ciao Nonna Anita, hai lasciato le meschinità di questo mondo. E lassù hai trovato certamente il Dio dei Giusti» attacca Giurastante.
Colpevole l’italianissimo parrocco di Servola (come si evince dal nome), don Dusan Jakomin, che vanta più di 60 anni di sacerdozio. Non proprio inesperto. «Ho fatto io i funerali. Ho parlato con la figlia. Le bandiere non si possono accettare in chiesa durante la celebrazione liturgica. Ho chiesto quindi, d’accordo con la figlia, di piegare la bandiera all’ingresso della chiesa e di lasciarla sulla bara. Nessuna bandiera è ammessa durante la liturgia. L’eccezione riguarda i funerali di Stato. Sono disposizioni della Cei. Non mie», spiega don Jakomin che cade dalla nuvole o quasi rispetto alla polemica scatenata da Trieste Libera. «Nessuno della famiglia si è lamentato. Solo l’amico Parovel (direttore de La Voce di Trieste, ndr) mi ha chiamato quella sera per dirmi che erano rimasti male per la bandiera. Non so che farci. Io come sacerdote mi attengo alla disposizione della Cei. Per me la faccenda è chiusa».
La versione della famiglia è un po’ diversa. «Femo paura? Due parole scambiade col prete fora della cesa. Secondo mi el gaveva paura. "Ve prego - ga dito - penseghe ben". Noi gavemo za pensà, ela la saria stada contenta. Xe spuntada una bandiera picia de Trieste e la gavemo sistemada sotto le foto de nonna. La bandiera grande piegada de drio», racconta su Facebook la nipote Martina Matarrese.
E la Curia di Trieste, attaccata dal Mtl (come braccio secolare dello stato italino occupante), come reagisce? A sorpresa, il vicario del vescovo, don Ettore Malnati, sconfessa l’anziano parroco sloveno di Servola: «Io la bandiera di Trieste l’avrei ammessa in chiesa. Non vedo il problema. È la prima volta che sento di questo divieto. Mi pare una lettura troppo rigida delle disposizioni della Cei. La bandiera di Trieste poi, è quella del Comune. Non è una bandiera politica come quella del Pd». È la bandiera di Trieste. Libera (nos a malo) o meno.
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