Trieste al top per consumo di acqua a casa. E l’82% beve quella che esce dal rubinetto
TRIESTE. Dalla doccia alla pulizia della casa, dagli usi in cucina all’irrigazione delle piante, senza tralasciare il fabbisogno di lavapiatti e lavatrice e lo sciacquone del bagno. I triestini giornalmente consumano in media 276 litri di acqua pro capite. È un dato, quello del consumo a residente, che colloca Trieste tra le 20 città più “sprecone” d’Italia.
I dati Istat, riportati in un focus dedicato alla Giornata mondiale dell’Acqua dello scorso 22 marzo, evidenziano come a distinguersi, in tal senso, sia l’intera regione visto che nella classifica stilata rientrano, addirittura sopra la stessa Trieste, pure Gorizia (289 litri) e Udine (280). Va tenuto conto che a livello nazionale la media di consumo pro capite di acqua di attesta intorno ai 241 litri al giorno, con città come Isernia, Cosenza e Milano che superano persino i 360 litri pro capite.
Il rilevante uso di acqua potabile a Trieste ha riscontro anche nei risultati dell’indagine “La tua acqua” effettuata da AcegasApsAmga nel 2019, attraverso una serie di interviste realizzate nei punti vendita Coop Alleanza 3.0. Un’iniziativa – che vede partner anche Cafc e Irisacqua – alla quale nella nostra città hanno risposto 486 persone, e che ha fatto emergere come addirittura l’82% dei triestini – il dato è il più elevato a livello regionale – beve sempre o comunque spesso “l’acqua del sindaco”, quella del rubinetto per intenderci.
In un paese come l’Italia, che insieme all’Arabia Saudita e al Messico è il maggior consumatore di acqua in bottiglia al mondo, una percentuale così elevata di residenti che si disseta bevendo l’acqua che esce dal rubinetto di casa ha dunque un valore aggiunto. Le centinaia di triestini che hanno risposto alle diverse domande hanno fornito uno spaccato delle loro abitudini ma anche di quelle del nucleo familiare dove vivono. Un campione ampio, quindi, che fotografa il rapporto tra i triestini e l’acqua pubblica. A bere l’“acqua del sindaco” sempre o comunque spesso sono più le donne (84%) degli uomini (80%).
Dall’indagine di AcegasApsAmga emerge anche un altro aspetto in controtendenza rispetto ad altri territori dove è stato effettuato il medesimo sondaggio: la fascia di età che più spesso ne fa uso è quella tra i 31 e i 44 anni (87%). Alla domanda sul perché viene preferita a quella in bottiglia, la comodità e la bontà hanno la prevalenza su altre motivazioni. In controtendenza rispetto ad altri territori, poi, è accentuata (21%) anche la consapevolezza che non produce rifiuto plastico, segno di una crescente sensibilità ambientale.
Nei target più avanzati di età, sembra prevalere l’elemento della fiducia, con prevalenza per motivazioni che evidenziano la bontà e un maggior controllo rispetto alle acque in bottiglia. Nei target più giovani, invece, oltre al fattore legato alla comodità emerge in maniera significativa quello ambientale. Il fatto che bere acqua di rete, dal rubinetto, non produca rifiuti plastici è un elemento che incide in maniera determinate per il 27% degli under 30 e per il 22% delle persone tra i 31 e i 44 anni. Tra i 45 e i 60 anni incidono allo stesso modo (22%) bontà dell’acqua, comodità e aspetto economico. L’acqua distribuita da AcegasApsAmga è da classificare come acqua oligominerale, di media-bassa durezza. e in base alle sue caratteristiche è da considerarsi acqua microbiologicamente pura.
«Proviene da un acquifero sicuro dell’Isontino, – spiega Armando Pizzinato, responsabile acquedotti di AcegasApsAmga – ed è captata da falde profonde fino a 180 metri e garantita qualitativamente da un sistema di monitoraggio costante attraverso strumentazioni online in tele-controllo lungo tutta la filiera, supportato da analisi di laboratorio». Il piano di monitoraggio è stabilito da procedure aziendali e concordato con Asugi.
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