Trieste Airport, ci sarà una nuova gara
TRIESTE «Sì, l'intenzione è di ragionare su un nuovo bando». Dopo avere annunciato la disponibilità della Regione a cedere la maggioranza delle quote di Aeroporto Fvg, l’assessore ai Trasporti Graziano Pizzimenti, d’intesa con Massimiliano Federiga e la giunta, fa sapere che la soluzione non sarà quella della trattativa privata con i gruppi che hanno manifestato interesse al primo bando, senza tuttavia presentare un’offerta, ma si procederà invece, a meno di sorprese, a una seconda gara. Con totale apprezzamento, a quanto pare, oltre che di F2i, che si era espresso in prima battuta, anche di Save che, con il presidente Enrico Marchi, ufficializza: «Con questa giunta del Friuli Venezia Giulia sembra che si possa finalmente dialogare su fatti concreti». È uno dei dossier più importanti sul tavolo della Regione.
Dopo l’assenza di offerte per il 45% delle quote, con la possibilità di un ulteriore 10% solo nel caso in cui, per i tre anni successivi all’acquisto, il socio privato avesse concretizzato un incremento del traffico del 7% annuo, oltre a migliorare i parametri del piano industriale, si tratta di cambiare rotta. E, a quanto pare, la volontà è di assecondare il mercato, come suggerito dai vertici dello scalo, il presidente Antonio Marano e il direttore generale Marco Consalvo. I potenziali investitori non mancano. Sono soprattutto italiani. Gruppi da non meno di 10 milioni di Wlu, Work Loard Unit, la somma di presenze e merci gestite in un anno. Il primo a esporsi, dopo la scadenza di una gara andata deserta, è stato F2i, fondo privato che copre quasi il 40% del traffico aeroportuale con il controllo di Torino, Napoli, una quota di Bologna e la gestione pure di Milano Malpensa, Linate e Alghero. Decisamente interessato a integrare Trieste Airport «in un network aeroportuale più ampio che ne sostenga lo sviluppo industriale». Ma la privatizzazione, altra precisazione, «dovrebbe consentire al partner gli spazi di manovra necessari per il conseguimento di tale integrazione e degli obiettivi condivisi con il pubblico per lo sviluppo del traffico in ambito regionale».
Ora però c’è anche Save. Marchi lo fa capire chiaramente: «Con la nuova giunta in Fvg si riaprono le condizioni per un dialogo su temi di tipo industriale e non esclusivamente astratti come quelli portati avanti finora. Con la giunta precedente – insiste il manager dell’aeroporto di Venezia – avevamo accantonato un eventuale interesse per l’impossibilità di ragionamenti concreti. Tanto più dopo un bando privo di senso a partire dalla valutazione complessiva di 70 milioni di euro di una società in cui non mancano, annualmente, 3 milioni di euro di finanziamento pubblico. Senza quei soldi, che sono pure serviti alle roboanti affermazioni su un’azienda che guadagna, Ryanair volerebbe su Ronchi?». Marchi ne fa una questione di capacità di manovra industriale. Ricorda l’ingresso in minoranza a Treviso e poi a Verona, ma con libertà di movimento e quindi con la possibilità di incidere su scelte e risultati. «Penso al fatto che a Treviso le cose sono andate così bene che abbiamo dovuto perfino ridimensionare il piano di espansione per venire incontro alle esigenze degli abitanti e della città». E dunque, se il nuovo bando consentirà al partner industriale di controllare davvero lo scalo Fvg, se in sostanza l’assetto di governance proposto sarà soddisfacente, Venezia ci sarà. «Noi siamo abituati a parlare di cose concrete su prospettive concrete», insiste Marchi. Adesso non resta che attendere le prossime decisioni della giunta. Il bando, con una probabile cessione del 51% delle quote – del resto l’assessore Pizzimenti ha chiarito che la questione «non è un tabù» – dovrebbe essere pubblicato entro l’estate, per una conclusione dell’operazione di privatizzazione entro il 2018.
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