Trieste: aggredito dal branco fuori dall’Ausonia

Trentacinquenne picchiato brutalmente. L’amico: «Erano quattro stranieri. Sono fuggiti prima dell’arrivo della polizia»
Una serata all’Ausonia in una foto di repertorio
Una serata all’Ausonia in una foto di repertorio

TRIESTE Rischiare di rimetterci la vista, a 35 anni, per una scarica di pugni e calci in faccia arrivata per mano, e piede, di quattro energumeni. Quattro da una parte, uno dall’altra. “Punito” per aver “osato” appoggiarsi a una macchina parcheggiata. La loro. Quella con cui i quattro se ne sono andati dopo il pestaggio, un attimo prima che piombassero le volanti della polizia, lasciando Raul, triestino di 35 anni, esanime in una pozza di sangue con varie botte alla testa e al volto.

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Un'immagine dell'Ausonia

È successo di fronte all’Ausonia, verso le quattro del mattino, alla chiusura della discoteca estiva, nella notte tra venerdì e sabato scorsi. Ma la notizia è venuta a galla, diventando di pubblico dominio, soltanto ieri pomeriggio, in seguito alla denuncia alla stampa di un amico di Raul, che descrive i quattro come una banda di violenti a piede libero, in giro per la città di notte.

Una banda di venticinquenni, anno più anno meno. Tutti, stando sempre ai racconti della nottata, stranieri. Balcanici. Battenti, potrebbe essere, bandiera romena. O kosovara. Eventualità, questa, che presta il fianco a fin troppo facili collegamenti, che potrebbero essere anche sbagliatissimi, con le mini-gang dei Topolini “sfidate” di recente dal patto tra il pugile triestino Tuiach e l’operaio kosovaro Muqa. «Molto probabilmente non serbi, per lo meno questo mi sento di poter dire, visto che il serbo un minimo lo conosco», osserva proprio Giovanni Milani, 33 anni, l’amico della vittima del pestaggio.

«Raul per me è come un fratello», aggiunge l’amico, che in quanto musicista e leader di un gruppo musicale ha un nome e un volto piuttosto noti nella Trieste dei trentenni e giù di lì. Milani spiega di aver deciso di rompere il silenzio a tre giorni dall’episodio - comunque già riferito nei dettagli alla polizia - perché «voglio vivere in una città in cui si possa uscire la sera, tra amici, sereni, con la certezza che se qualcuno si comporta a danno del prossimo viene individuato e paga».

«Da quanto abbiamo potuto comprendere successivamente a tale nottata - aggiunge l’amico di Raul - questa banda usa girare con l’idea di cercare qualcuno con cui poter poi menare le mani, o quanto meno di terrorizzare i ragazzi più giovani, che poi non hanno il coraggio di denunciare ciò che gli è capitato». «Quella notte all’Ausonia - è la testimonianza di Milani - io e Raul eravamo in mezzo a un gruppo di amici triestini, tutti incensurati, e certamente con nessuna voglia di far risse. Mentre si ballava però c’erano questi ragazzi, che non parlavano come detto in italiano ma in una lingua che abbiamo ipotizzato potesse essere di ceppo balcanico, che a un certo punto hanno iniziato a spingere e a sfidarci con occhiate. Lo facevano un po’ con tutti. Ce ne siamo tenuti alla larga, ma hanno preso di mira Raul, che tutto è fuorché un attaccabrighe e che si è rivolto alla fine proprio a loro puntualizzando di non voler problemi».

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È seguito ancora qualche «gioco di sguardi», poi la serata è filata liscia tanto che sembrava finita lì. In chiusura, il gruppo dei triestini se n’è uscito alla spicciolata. Raul per primo: «Si è appoggiato al fianco di un’auto, per aspettare gli altri. Non sapeva che era l’auto di quei quattro, l’abbiamo capito dopo, quando se ne sono andati proprio a bordo di quella. È stato picchiato, quando è caduto privo di sensi gli hanno rifilato altri calci in faccia. Ero a una ventina di metri, il più vicino a lui, stavo parlando con una ragazza e c’era parecchio movimento attorno. Quando mi sono reso conto di ciò che stava capitando sono intervenuto e mi sono più preoccupato di Raul che degli altri. Ho solo sentito che un buttafuori, prima che se andassero, parlava con quelli nella loro lingua. Questo lo ricordo nitidamente. Non avevo bevuto, dovevo guidare io quella sera».

«Sia chiaro che non sono un razzista e questa non vuole essere una denuncia di stampo razzista, ho molti amici stranieri, ma non posso far finta di niente», chiude Giovanni, che in questi giorni è rimasto vicino a Raul e alla sua famiglia: «Gli hanno cucito diversi punti alla testa, gli hanno sistemato il setto nasale, nelle ultime ore è tornato a casa, in vista di un intervento agli occhi che purtroppo dovrà sostenere».

Dalla Questura, per intanto, è giunta la conferma dell’episodio, catalogato come una presunta «lite» iniziata dentro l’Ausonia e finita male fuori, «con la persona aggredita da altre quattro che ha subìto ferite di entità per cui si può procedere per lesioni a querela, ovvero con una prognosi sotto i venti giorni».

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