Trieste, abusa di una donna appena scesa dal bus

Si chiama Samba Sow. È un senegalese nato nel 1974 che vive regolarmente a Trieste vendendo accendini e altri oggetti. Il pm Cristina Bacer lo accusa di aver picchiato e violentato una giovane donna conosciuta casualmente nel bus numero 21. In pratica è sceso al capolinea a Borgo San Sergio e dopo aver proposto alla donna l’acquisto della merce che aveva con sè, l’ha spinta contro un muro. Le ha abbassato i pantaloni e dopo averla immobilizzata ha abusato di lei.
L’episodio - sul quale è stato mantenuto un riserbo assoluto dai carabinieri di Muggia che hanno svolto le indagini - si è verificato attorno alle 21 del 17 luglio dello scorso anno. Il senegalese sospettato di violenza sessuale è stato identificato solo dopo qualche mese grazie alle analisi del Dna. Ma solo ieri, con la richiesta di rinvio a giudizio, la terribile vicenda è uscita dall’alveo investigativo.
Per il senegalese nei mesi scorsi il pm aveva chiesto l’arresto, ma il gip non lo aveva disposto. Anche perché nei tabulati del telefonino della donna sono state trovate due chiamate mute effettuate al numero dell’africano accusato di violenza.
L’allarme era scattato, come detto, il 17 luglio del 2012 attorno alle 21. Era stata la donna a mettersi in contatto con i carabinieri. Ha raccontato che dopo essersi recata in taxi alla farmacia di via Baiamonti ha fatto rientro in autobus a borgo San Sergio dove abita. Scesa al capolinea, nei pressi dell’edicola, ha denunciato di essere stata aggredita da un giovane di colore che era sceso con lei. Dopo aver consumato il rapporto quello che al momento era l’ignoto aggressore si è allontanato e la donna piangente e sconvolta è andata a casa dove ha raccontato tutto al convivente.
I carabinieri hanno subito sequestrato i vestiti della donna e hanno avviato le prime indagini. La donna intanto è stata accompagnata al Burlo dove le erano state diagnosticate varie ecchimosi al braccio sinistro, al torace e alla spalla oltre ad alcune escoriazioni e graffi.
Qualche giorno dopo la donna si è presentata ai carabinieri consegnando loro un arco in legno di colore marrone oltre che alcune frecce dicendo che quello era il materiale lasciato dall’aggressore sul luogo dello stupro. E ha nuovamente confermato le proprie accuse negando di conoscere il senegalese. Ma senza fornire insomma alcuna spiegazione sul motivo per il quale dal suo cellulare sono partite due chiamate al numero del senegalese e una è stata anche ricevuta quando era al Burlo.
Come detto l’uomo è stato identificato dal dna. I carabinieri lo hanno pedinato e hanno recuperato un mozzicone di sigaretta che poi è stato analizzato dal Ris di Parma.
E i risultati confrontati con quelli delle analisi effettuate al Burlo.
Secondo il pm Bacer le parziali incongruenze nel racconto della donna non tolgono nulla alla sua credibilità. In quanto - come hanno dimostrato le analisi - lo stupro c’è stato.
Da qui la richiesta di rinvio a giudizio. Accusa violenza sessuale e aggressione.
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