Trieste, Abdon Pamich smentisce Menia: «Mai criticato la vicenda Narodni»
TRIESTE «Io non ho mai detto quella frase e vorrei una categorica smentita». Lo afferma Abdon Pamich, classe 1933, esule fiumano nonché leggenda sportiva dell’Italia sorta dalle ceneri della Seconda guerra mondiale, a proposito dell’espressione: «una corona di fiori in cambio di un palazzo», in riferimento al Narodni dom.
La citazione “incriminata”, rilanciata via Tweet dal politico triestino Roberto Menia, gli era stata attribuita in occasione degli eventi del 13 luglio, giorno che rimarrà negli annali come quello della visita a Trieste di Sergio Mattarella e Borut Pahor. A Menia, storico esponente della destra nazionale nonché attuale responsabile di FdI per gli italiani all’estero, non sono sfuggite appunto quelle parole dette a proposito del palazzo simbolo della comunità slovena nella nostra regione. All’indomani del cerimoniale che ha visto protagonisti i due capi di Stato italiano e sloveno, dunque martedì 14 luglio, il patriota ha infatti scritto su Twitter: «Una corona di fiori in cambio di un palazzo. E noi aspettiamo la restituzione delle nostre case e delle nostre terre. Così parla Abdon Pamich, campione olimpico esule da Fiume. Verità. E i fiori alle foibe a Basovizza anche ai terroristi slavi del Tigr. Ah Italia!».
La frase attribuita al campione è poi rimbalzata pure sui social e sui media tradizionali. Ma questo tipo di visibilità non è affatto piaciuta a Pamich, che ha di conseguenza contattato la redazione del Piccolo per chiedere di poter smentire quanto riportato all’interno del tweet del leader della destra.
«Conosco la storia del Narodni dom e so che è stata fatta sulla pelle degli sloveni, dei croati e dei serbi. Non voglio entrare nel merito della questione, ma senz’altro in quell’occasione ci hanno rimesso loro. Non so da dove Menia abbia preso quella frase, che peraltro mi sembra pure sciocca».
Già, da dove l’ha presa? Prosegue il resoconto dell’ex olimpionico: «Lunedì (13 luglio, ndr) mi ha telefonato un giornalista da un’agenzia e mi ha fatto un’intervista di 30 secondi, chiedendomi qualche mia impressione sulla giornata. Qualcosa deve essere andato storto lì, durante quel passaggio. Premesso che non ero presente alla cerimonia e dunque non ne sapevo niente, ho dichiarato che secondo me vincono sempre loro, nel senso che nessuno rispetta noi. Mi riferivo ad esempio al fatto che, all’interno del programma di Fiume capitale europea della Cultura 2020, nessuna delle proposte avanzate dalla comunità italiana è stata accettata». Detto in altre parole, il ragionamento di Pamich non voleva entrare nel merito del cerimoniale o delle polemiche locali. Stava cercando invece di mettere a confronto il significato simbolico di quella giornata con le problematiche irrisolte degli esuli e più in generale legate al confine orientale. Tra queste secondo lui figurano pure le relazioni che abitualmente sono in essere tra la Croazia da un lato e, dall’altro, il mondo degli istriani, dei fiumani e dei dalmati.
L’incomprensione dev’essere nata a causa della rapidità con cui è stata condotta l’intervista, senza che Pamich avesse la possibilità di argomentare il proprio pensiero. Il lancio di agenzia, uscito lunedì sera, effettivamente esiste. E attribuisce al campione le seguenti parole: «Una corona di fiori in cambio di un palazzo. E noi ancora aspettiamo la restituzione delle case e delle nostre terre. Vincono sempre loro. Non sarete mai lasciati soli, ci avevano promesso... Meglio lasciar perdere». Rimane il mistero sull’origine della frase a proposito del Narodni dom, il cui contenuto non solo viene smentito ma viene pure considerato sciocco da Pamich in persona. —
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