Trieste, a un passo dal processo per la villa esplosa. Chiede scusa ai vicini: «Pronto a risarcire»

Il pm propone il rinvio a giudizio di Gianfranco Zucca per il disastro di Sant’Antonio in Bosco. Lui intanto scrive una lettera
Lasorte Trieste 25/10/17 - S.Antonio in Bosco, Scoppio
Lasorte Trieste 25/10/17 - S.Antonio in Bosco, Scoppio

TRIESTE Tutto faceva pensare a un tentativo di suicidio. E forse di questo si è effettivamente trattato. Ma ora Gianfranco Zucca, il cinquantenne rimasto gravemente ferito nello scoppio della villetta di Sant’Antonio in Bosco avvenuto lo scorso ottobre, è finito sotto inchiesta. Il pm Federico Frezza ha chiesto il rinvio a giudizio.

Secondo le ricostruzioni degli inquirenti sarebbe stato proprio lui, Zucca, ad aver provocato il crollo dell’abitazione, peraltro di proprietà della moglie, e di aver danneggiato le case vicine mettendole in serio pericolo.



Il cinquantenne - queste le ipotesi - avrebbe staccato il raccordo di giunzione del tubo di gas del piano cottura della cucina facendo fuoriuscire un massiccio quantitativo di metano, per poi innescare la deflagrazione accendendosi una sigaretta. L’uomo aveva riportato ustioni su tutto il corpo ma si è salvato.

Nei giorni immediatamente successivi all’episodio erano emerse le circostanze che potevano aver portato Zucca a compiere un gesto simile: in passato avrebbe già minacciato di uccidersi e di distruggere la villetta. Lo avrebbe fatto più volte e proprio davanti alla moglie con cui era sposato da vent’anni. «Non avrò niente io, non avrete niente voi», avrebbe urlato alla coniuge in un’occasione. Una settimana prima dello scoppio la donna aveva deciso di andarsene di casa portando con sé i figli. Una scelta, questa, pare dovuta ad alcuni episodi di maltrattamento subiti dal marito. La moglie si era trovata costretta anche a rivolgersi a un centro anti violenza. Sarebbe stata tormentata in modo ossessivo. E sempre con la promessa di far saltare in aria la casa.

Le tensioni in famiglia e lo stato psicofisico evidentemente labile, possono aver portato l’uomo a compiere il gesto estremo dello scorso ottobre.

Al di là dell’indagine in corso, al momento è stata avviata anche una trattativa per il risarcimento dei vicini di casa proprietari degli stabili danneggiati. Le famiglie si sono costituite parte civile. Sono quattro in tutto.

Il cinquantenne, riconoscendo la gravità dei propri atti, lo scorso 5 giugno ha anche preparato una lettera ai vicini coinvolti nello scoppio chiedendo loro perdono: «Gentili signori, vi scrivo con profondo rammarico e dispiacere per quello che ho fatto», si legge nel testo.

«Oltre a porgervi le mie più sincere e sentite scuse, intendo comunicarvi il mio fermo impegno a fare quanto mi è possibile per tentare di riparare il grave pregiudizio, patrimoniale e morale, che vi ho procurato, per cui con la presente vi comunico la mia intenzione di cedervi per tutta la mia vita lavorativa il quinto del mio stipendio. Mi rendo conto - ha aggiunto il cinquantenne - che non è molto, ma è tutto quello che posso fare non avendo a disposizione patrimoni o beni di altro genere. Auspico al contempo che la compagnia di assicurazione dell’ente erogatore del gas (che, a quanto mi è stato riferito, si sta occupando del caso) possa rifondervi in tempi brevi un congruo risarcimento. Da parte mia - ha precisato l’imputato - mi rendo disponibile a collaborare con tale assicurazione affinché il vostro ristoro sia il più sollecito e adeguato possibile.

«Mi scuso, infine, per questa missiva - ha concluso il cinquantenne - che non ho potuto scrivere di mio pugno, in quanto ancora impossibilitato a farlo, a causa delle gravi ustioni che mi sono procurato nell’incidente».

Zucca, difeso dall’avvocato Paolo Longo, comparirà oggi in udienza davanti al giudice Laura Barresi. —


 

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