Trieste, a processo i fratelli picchiatori di Valmaura
Senza pietà. Senza tregua. Senza nemmeno l’alibi dell’alcol ingurgitato che ottenebra la mente. Così i fratelli Francesco e Daniel Caris, 28 e 31 anni, avevano picchiato a sangue una ragazza che lavora al bar Flavia di piazzale Cagni. Calci e pugni in faccia le avevano trasformato il volto in una maschera di sangue.
Era successo la sera del 5 marzo e il volto tumefatto mostrato poi da Hellen Prelessi, 28 anni, la vittima, testimoniava la violenza delle percosse. Ora Francesco e Daniel Caris dovranno rispondere delle loro azioni. Lo faranno direttamente davanti al giudice ordinario perché il gip Laura Barresi ha accolto le richieste del pm Lucia Baldovin disponendo, di fronte all’evidenza della prova, il giudizio immediato. La prova di quella assurda violenza è rappresentata anche da un filmato realizzato dalle telecamere a circuito chiuso all’interno del bar Flavia. Un filmato che parla da solo. E racconta il lancio dei bicchieri e poi i devastanti pugni che avevano provocato alla barista la frattura del setto nasale e un trauma commotivo con perdita di conoscenza.
La data dell’udienza davanti al giudice Marco Casavecchia è quella del 18 settembre. Difensori gli avvocati Maria Pia Maier e Giovanni Di Lullo. Hellen Prelessi, sconvolta, aveva raccontato quello che era successo parlando dal suo letto in ospedale: «Non si tratta solo di quello che mi ha fatto (si era riferita a Francesco Caris, ndr) aggredendomi a pugni e schiaffi, forse i traumi più difficili da superare saranno quelli psicologici». Poi aveva aggiunto, riferendosi sempre a Francesco Caris: «Lo ha fatto per vendetta, me lo aveva detto tante volte che me l’avrebbe fatta pagare perché secondo lui gli avevo fatto perdere la compagna. Una donna che ha picchiato tante volte, una mia amica che ho voluto aiutare perché non sapeva come fare a liberarsi di lui, a sfuggire dalle sue quotidiane violenze. Sono riuscita anche a portarla al Goap (il Gruppo operatrici antiviolenza e progetti, ndr) perché stava vivendo un inferno. Ho cercato di aiutare una donna vittima di violenza, ma sono diventata una vittima anch’io».
Aveva palarlato di minacce «ai miei bambini e alla mia famiglia».
Le aveva detto: «Tu hai finito di vivere. Vengo a casa tua e brucio te e i tuoi bambini». Le accuse formulate dal pm Lucia Baldovin riguardano anche il compagno di Hellen, che aveva cercato di difenderla. Daniel Caris, che aveva accompagnato Francesco nella spedizione punitiva, l’aveva minacciato: «Da oggi stai attento a camminare per strada. Guardati le spalle». E citano, le accuse del pm, anche quattro poliziotti che dovevano procedere all’identificazione dei due energumeni dopo l’aggressione. Avevano riportato a loro volta lesioni guaribili da uno a sette giorni prima di riuscire a bloccare i due Caris.
L’assalto al bar Flavia era durato pochi minuti. Perché, immediatamente, alcuni avventori presenti avevano avvisato la polizia. Forse i due, rendendosi conto tra i fumi dell’alcol che le persone presenti stavano telefonando e che presto la polizia sarebbe arrivata sul posto, a un certo punto erano fuggiti a bordo di un’auto, schivando le Volanti. E anche di questo, ne dovranno rispondere. Perché quell’auto, una Mercedes classe B180, è di proprietà di una donna che l’aveva parcheggiata lì davanti al bar Flavia.
Gli agenti, giunti nel frattempo al bar Flavia, si erano trovati davanti la giovane ferita al volto in maniera grave. Dopo la chiamata al 118, un’ambulanza era giunta rapidamente sul posto. La polizia, raccolte alcune testimonianze, si era messa subito sulle tracce dei due fuggitivi, rintracciando e fermando in breve tempo il primo dei due fratelli picchiatori, in prossimità di via Rio Primario. Poco dopo era stato preso anche il secondo. Ora il processo.
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