Trieste, «a giudizio 12 assenteisti dell’ateneo»

TRIESTE. L’elenco dei presunti assenteisti, quelli che avrebbero dovuto lavorare nella sede di via Filzi dell’Università e invece erano in giro per gli affari loro in città, conta ben dodici persone, tra impiegati, bibliotecari e addetti ai vari servizi della Scuola superiore di Lingue moderne. L’indagine è quella dello scorso ottobre.
Il numero complessivo degli indagati, circa il 30% dei dipendenti totali in servizio nella Scuola Interpreti di via Filzi, emerge dalla richiesta di rinvio a giudizio del pm Federico Frezza, depositata nei giorni scorsi. Entro pochi giorni sarà fissata la data dell’udienza preliminare. Dalla richiesta di rinvio a giudizio in sostanza emerge che in molti, e da molto tempo, avevano l’abitudine di assentarsi dagli uffici all’interno dell’ex hotel Balkan per andare a zonzo in città. Ci andava oltre un terzo del totale del personale non docente, se si considera il numero degli arrestati e degli altri indagati finiti nel mirino del pm Federico Frezza.
Tutti i “furbetti” sono accusati a vario titolo di truffa aggravata e continuata. Ai nomi di Dario Loschiavo, 52 anni, impiegato bibliotecario, Chiara Secoli Henke, 55 anni, pure bibliotecaria, Ilario Dimasi, 55 anni, impiegato al Ced e Diego Saletnik, 56 anni, tecnico - che nel novembre dello scorso anno erano stati arrestati dai carabinieri in flagranza, e cioè quando se ne stavano fuori dalla sede di lavoro -, si aggiungono quelli di altri otto loro colleghi, i cui nomi sono rimasti fino a ieri coperti dal segreto delle indagini.

Si tratta di Patrizia Zazinovich, 59 anni; Micaela Ressa, 59 anni; Serena Castro, 54 anni; Alessandra Russian, 54 anni; Costanza Barucca, 59 anni; Alberto Severi, 59 anni; Luisa Dante, 49 anni e Federica Gori, 45 anni. Anche questi dipendenti dell’Università sono accusati di assenteismo. Le indagini sono state fatte a tappeto. Per tutti i carabinieri hanno monitorato e documentato le svariate assenze dal luogo di lavoro. Da poche decine di miniuti fino anche a due o tre ore.
Per esempio c’era chi impiegava - secondo i filmati realizzati dai militari - il proprio tempo per andare al supermercato oppure a casa per mettere in ordine e svolgere le faccende domestiche. Ma anche chi se n’era andato dall’ex Balkan a far shopping in centro, a leggere in giornale al bar, in farmacia, oppure in macelleria a comprare carne e salumi. Per tutti è stato indicato lo stesso capo di imputazione: omettere la timbratura del cartellino quando si allontanava dal posto di lavoro per ragioni personali, traendo così in inganno il proprio datore di lavoro e cioè l’Università
In effetti - a giudicare dai numeri - quella di lasciare il proprio posto di lavoro senza timbrare il cartellino - figurando dunque regolarmente in servizio - era evidentemente una prassi, una consuetudine. Il paradosso è stato infatti che, al momento del fermo avvenuto in piazza Oberdan ad opera dei carabinieri, alcuni assenteisti si erano dichiarati talmente convinti della loro correttezza da dichiarare che nel loro modo di agire non c’era nulla di irregolare.
Per qualcuno la media di assenze rilevate in certi giorni, soprattutto al giovedì, è stata di 2-3 ore su un orario di lavoro di 7-8 ore. Insomma, metà tempo in ufficio, l'altra metà fuori, per gli affari propri. Altri, invece, come detto, hanno avuto uscite più brevi e meno frequenti. Insomma, un via vai continuo dal portone. Per tutti i gusti. Nutrita la schiera dei difensori che assistono gli accusati. Si tratta di Fulvio Vida, Sergio Mameli, Alessandro Cuccagna, Davide Benvegnù, Carmine Pullano, Andrea Diroma, Giancarlo Muciaccia, Enzio e Paolo Volli; Federico Valori, Fabio Gerbini, Paolo Pacileo e Alessandro Giadrossi.
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