Trieste, 5mila a settimana per i gettoni delle commissioni
TRIESTE Qualcuno nei meandri del municipio sussurra la parola fatidica: «Gettonificio». L’oggetto sono le commissioni del Consiglio comunale, che in effetti si susseguono a ritmo serrato: negli ultimi mesi ne son state fatte circa quattro a settimana. Considerato che ogni commissario ottiene 104 euro lordi a seduta, e che ogni commissione costa in media 1200 euro, il conto è presto fatto: son 4.800 euro a settimana. E la stima è al ribasso, come vedremo.
Gli ultimi dati disponibili sono quelli che riguardano le commissioni convocate da giugno 2017 a gennaio 2018. Quasi un centinaio. Considerando che nel periodo estivo le convocazioni sono più rade, si può calcolare che nell’arco dell’anno se ne tengano più di duecento. Con una spesa di quasi 250 mila euro.
A Palazzo tutti concordano sul ruolo di presidio democratico delle commissioni, deputate a fare il lavoro istruttorio in vista del Consiglio: vaglio e discussione di delibere e mozioni, approfondimenti. Quasi tutti, però, confermano anche che diventano spesso un modo per integrare le “paghette” dei consiglieri. Ed ecco spuntare convocazioni plurime, con commissioni congiunte, magari su argomenti su cui il Consiglio non ha voce in capitolo, a scopo conoscitivo.
Il consigliere leghista Antonio Lippolis è il presidente della prima commissione, una di quelle con il calendario più fisso. Commenta: «È un lavoro di studio e approfondimento fondamentale per l’aula. A dire il vero il numero di convocazioni è molto diminuito rispetto a un tempo - prosegue -. I costi del Consiglio sono diminuiti anche perché il presidente Marco Gabrielli (Lista Dipiazza, ndr) è molto restio a dare l’accordo alle convocazioni se non ci sono i presupposti statuari. Ne ha fatte saltare parecchie».
Forse anche per questo, negli ultimi mesi, è aumentato il ricorso all’articolo 13 comma 2 del regolamento del Consiglio comunale. Si tratta di una norma che consente di “bypassare” il via libera del presidente del Consiglio, accordando al solo presidente di commissione il compito di convocare la seduta.
Un’altra usanza in voga sono le commissioni congiunte: convocandone due su uno stesso argomento, il numero di commissari sale da 15 a 20, 22. E questo finisce per far lievitare sensibilmente i costi.
Spiega ancora Lippolis: «Il problema è che quasi tutte le delibere possono interessare più di una commissione. Se si tratta di Ferriera, ad esempio, si toccano sia l’ambiente che la sanità». Proprio per questo un tempo, ricordano i veterani di Palazzo, si tendeva a convocare solo quella predominante.
Sia come sia, la commissione diventa spesso un appuntamento settimanale, quando dovrebbe esser convocata solo alla bisogna. Ci sono dei presidenti di commissione che si fanno notare per la loro austerità: è il caso di Salvatore Porro (Fratelli d’Italia), presidente della sesta, e Manuela Declich (Forza Italia), quinta commissione. Altri, come l’esponente della Lista Dipiazza Roberto Cason (presidente della seconda) spiegano che il lavoro non è comprimibile: «Occupandoci di bilancio, noi non trattiamo quasi mai mozioni, ma ci occupiamo soprattutto di delibere, che richiedono il vaglio di una commissione. È un impegno molto tecnico e decisamente necessario - precisa il dipiazzista -. Ovviamente parlo per la mia commissione, non mi spetta parlare d’altre».
La capogruppo del Partito democratico Fabiana Martini, dai banchi dell’opposizione, dal canto suo commenta: «Se ne fa un uso sovrabbondante e l’abbiamo segnalato più volte a suo tempo. Non che in passato non succedesse, sia chiaro, ma ora ci sono delle novità».
Martini le indica proprio nelle commissioni congiunte, «che si fanno sempre più frequenti», e nel venir meno «del ruolo istruttorio di questo strumento»: «Arrivano sempre meno delibere, e le commissioni finiscono per fare altro».
In effetti, sui sei mesi presi in esame, 15 commissioni su 98 erano congiunte. Ed è certo che i calendari dei lavori sono spesso oggetto di tira e molla fra i vertici dell’aula. E tendenzialmente ad averla vinta è chi pensa sia meglio farne una in più che una in meno.
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