Trent’anni fa chiudeva l’ospedale di Grado «Promesse disattese»
GRADO. Quanto varie città della Regione stanno lamentando ora per i tagli alla sanità, vedi le proteste per il Punto nascita di Gorizia, è stato già vissuto dai gradesi. Ancora 30 anni fa. Era il 1985 quando è stata decisa (all’epoca l’assessore regionale era Gabriele Renzulli) la morte, se vogliamo anche lenta, dell’Ospedale Civile di Grado eretto dai gradesi a proprie spese e poi inopinatamente passato in mano alle strutture pubbliche. A dire il vero l’agonia del glorioso ospedale gradese risale all’anno prima, al 1984 quando venne chiuso il reparto di ostetricia per via della mancanza di un’infermiera che l’Usl di allora non volle assolutamente rimpiazzare. Da allora, tranne un paio di parti casalinghi, i bambini gradesi risultano perlopiù nativi bisiachi, se nati a Monfalcone, o friulani se venuti alla luce a Palmanova.
Nel 1985, si diceva, causa carenze di personale – queste le motivazioni – vennero soppresse chirurgia e medicina. Di qui la chiusura dell’ospedale. Ciò avveniva trent’anni fa, nel 1985. Eppure solo un paio d’anni prima l’ospedale di Grado era stato dotato di una nuova, costosa, sala operatoria. Nel 1993 il Comitato per la salvaguardia dell’Ospedale Civile di Grado aveva scritto di questo anche al Presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro, evidenziando, tra l’altro, che nel 1982, a soli 15 chilometri da Gorizia, fu costruito a Cormons un nuovo ospedale, soppresso dopo pochi anni assieme a quello di Grado.
Fra Grado e Cormons vennero allora raccolte ben 16mila firme autentiche e a Grado e non mancarono nemmeno le manifestazioni pubbliche e la sfilata lungo il ponte che collega Grado alla terraferma verso Belvedere, con lo scopo di bloccare il traffico veicolare. Ma non servì a nulla. Inizialmente venne lasciato qualche reparto a Grado. Poi nemmeno quelli, ma in cambio della chiusura dell’ospedale la Regione stabilì, con tanto di atto sottoscritto da tutte le parti, una lunga serie di servizi.
Ebbene di questi - è sempre il Comitato Salvaguardia Ospedale a metterlo in evidenza per bocca di Tullio Svettini - una parte è, purtroppo, ancora rimasta sulla carta. Vedi il reparto radiologia che non c’è (anche per una sospetta microfrattura si è costretti a rivolgersi a Monfalcone con lunghe attese al Pronto soccorso), il Pronto soccorso 24 ore su 24 che era stato garantito ma che nel tempo è stato trasformato in un semplice ambulatorio medicalizzato, aperto tutto il giorno solo per una parte della stagione balneare. E ancora il servizio dialisi che non è mai stato attivato (i pazienti e anche i turisti devono essere trasportati a Monfalcone), i 30 posti di Medicina generale che non si sono mai visti. In tempi recenti poi, con la chiusura dell’Ospizio Marino, sono scomparsi da Grado anche i 20 letti di Rsa che si spera ritornino quando verrà riattivata la struttura riabilitativa di via Amalfi.
Il vecchio edificio ospedaliero è stato a ogni modo diviso a metà. Da una parte c’è il distretto sanitario con laboratori e servizi (ma, come detto, non tutti) dall’altra – per far cassa – l’Azienda sanitaria ha deciso di darlo in affitto. C’è riuscita solo per metà (c’è la sede di Circomare) con l’altra parte dell’edificio desolatamente vuoto (avrebbe dovuto andarci la Guardia di Finanza).
Il Comitato per l’Ospedale continua sempre a vigilare e sollecitare e il Comune fa altrettanto, in particolar modo con il vicesindaco Gianni Di Mercurio, sta cercando, con molta fatica, di ottenere altri servizi e prestazioni. «Durante il nostro mandato – dice Di Mercurio – abbiamo ripetutamente sollecitato l’Azienda Sanitaria per acquisire la parte di edificio di via Marchesini e stiamo ancora lavorando per questo. Abbiamo inoltre ottenuto alcuni risultati importanti come il potenziamento del servizio Cup e il mantenimento dei laboratori e inoltre gli spazi necessari per ospitare la Croce Rossa per liberare la struttura di riva Bersaglieri».
@anboemo
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