Trenta ragazzi triestini all’estero per studio bloccati a migliaia di chilometri da casa

Vivono in famiglie sparse in mezzo mondo, dalla Nuova Zelanda al Sud America. Vorrebbero rientrare ma i voli non ci sono  
Una ragazza osserva delusa il tabellone dei voli di un aeroporto
Una ragazza osserva delusa il tabellone dei voli di un aeroporto

TRIESTE. Sono una trentina i ragazzi degli istituti superiori di Trieste andati all’estero per un’esperienza di studio di sei mesi o un anno e attualmente bloccati lontano da casa. Alcuni fuori dall’Italia hanno scelto consapevolmente di rimanerci. Molti altri invece vorrebbero rientrare, ma per ora i voli non ci sono e gli spostamenti sono impossibili.

Le organizzazioni di riferimento, attraverso le quali hanno pianificato i viaggi studio, li stanno seguendo quotidianamente. I giovani si trovano quasi tutti in famiglia, in contesti tranquilli, ma la chiusura forzata e l’incertezza di cosa accadrà nelle prossime settimane spinge a voler interrompere il soggiorno. «Abbiamo ragazzi triestini presenti in diversi Paesi - spiegano i responsabili di Master Studio -. I loro genitori sono divisi: alcuni vorrebbero che i figli tornassero, altri pensano siano più al sicuro dove si trovano ora.

È il caso, ad esempio, dei giovanissimi che si trovano in Nuova Zelanda o in Australia, alcuni ospitati in zone isolate, lontane dai grandi centri e quindi più facili da controllare. Ci sono poi i giovani in altre zone d’Europa che vorrebbero un rientro immediato, ma i collegamenti non ci sono. Continuiamo a monitorare costantemente l’evolversi dell'emergenza con gli enti competenti, Farnesina in primis - precisano -. Diamo supporto costante a tutti, sia a livello amministrativo sia psicologico, se necessario.

Però molti ragazzi sono tranquilli, perché comunque vivono in un contesto familiare e proseguono gli studi online. Per il momento nessuno è stato rimpatriato. I voli, come detto, non ci sono ed è l’ostacolo più grande. Ci sarà poi un altro aspetto da chiarire: la decisione del Miur sulla convalida p meno del percorso formativo effettuato fino a questo momento».

Per i ragazzi nel frattempo la quotidianità scorre tra videochiamate con i familiari e compiti svolti sul pc, in camera. Spesso hanno contattato anche le scuole di riferimento, per chiedere quali saranno le disposizioni in caso di rientro. Ma le incognite restano, e lo stallo per il momento riguarda un po’ tutte le agenzie che si occupano di soggiorni-studio in altri Paesi.

«Siamo perennemente in contatto con le ambasciate, i consolati e il ministero degli Esteri - raccontano anche da Intercultura -. Abbiamo otto studenti triestini all’estero, in tutto il mondo, tra Sud America, Stati Uniti ed Europa. Le famiglie vorrebbero farli ritornare a casa al più presto: nessuno è tranquillo all’idea di avere minorenni lontani, a volte addirittura dall’altra parte del pianeta. Per questo stiamo lavorando senza sosta. Nel frattempo abbiamo scritto anche al ministero dell’Istruzione, affinchè si disponga un adeguato sistema di rientro, da valutare insieme ai tutor delle rispettive scuole».

E un po’ tutte le agenzie, anche attraverso i siti di riferimento, spiegano come siano stati messi in campo tutti gli strumenti possibili, davanti a un tipo di problematica che però nessuno ha mai gestito finora. «In oltre 65 anni di attività non era mai successo di dover terminare anticipatamente i programmi di scambio in tutti i Paesi - dichiara Andrea Franzoi, segretario generale di Intercultura -. A studenti, famiglie, scuole e volontari esprimiamo la nostra vicinanza con la convinzione che, passata l’emergenza, ci sarà ancora più necessità di promuovere il dialogo tra culture diverse e i valori della solidarietà internazionale». 

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