Travolto sulla pista di sci: risarcito con 120 mila euro
GORIZIA. Lui era un habitué degli sci e, come tale, non perdeva occasione per imboccare la strada della montagna e regalarsi una giornata sulla neve, lei una principiante. Le cose, per entrambi, sono cambiate a partire dal 30 gennaio 2016. E cioè da quando le loro strade si sono incrociate proprio su una pista dello Zoncolan. Un incidente come tanti, ma che ha finito per costar loro caro: la frattura del collo femorale destro per lui, un 66enne di Gorizia costretto poi a dire addio all’attività sciistica, la condanna al risarcimento dei danni per un totale di quasi 120 mila euro, per lei, la 41enne Paola Bobaz.
La sentenza che, riconoscendo in capo alla donna la responsabilità esclusiva dell’incidente, ha posto fine alla causa avviata nel 2017 dall’investito è stata emessa dal giudice civile del tribunale di Udine Alessia Bisceglia. E a pesare, nel calcolo della somma che dovrà essergli versata, è stata soprattutto la parte relativa al danno biologico e morale, inteso come «sofferenza interiore, non necessariamente trascendente in patologia».
Non tanto le spese sanitarie sostenute per far fronte alle lesioni fisiche e liquidate in 1.795 euro, quindi, quanto le conseguenze in termini di integrità psicofisica per postumi permanenti, che il consulente tecnico d’ufficio Giacomo Mario Flammini ha valutato nel 25 per cento. Un danno non patrimoniale, insomma, in cui a sommarsi sono stati anche l’inabilità temporanea totale e poi parziale e «l’incompatibilità a continuare a sciare per l’alto rischio di complicanze in caso di caduta», per complessivi 107.599 euro. Il resto sono spese di lite, legali compresi.
Era stato l’avvocato Giorgio Caldera, del foro di Venezia, fallito ogni tentativo di chiudere la vicenda fuori dalle aule di giustizia, a citare la donna in giudizio. E lei, costituitasi con l’avvocato Massimo Raffa, di Udine, si era difesa, fornendo una diversa dinamica dei fatti. Fermi restando i dati oggettivi di luogo, la pista “azzurra” Zoncolan 4, e di tempo, le 11.20, a essere contestate erano state le circostanze dello scontro.
Lei aveva sostenuto, in particolare, di «scendere a bassissima velocità a “spazzaneve”, in una pista affollata in quel frangente dalla presenza di un gruppo di bambini a lezione di sci» e di essersi avveduta della presenza di uno sciatore di fronte a lei «fermo sulla pista». Secondo la sua versione, «al momento di superarlo, lui, forse disturbato da quei bambini, aveva perso l’equilibrio ed era scivolato sulla neve e, cadendo a terra, gli sci si erano sovrapposti ai suoi».
Le prove portate a processo, comprensive delle testimonianze della polizia successivamente intervenuta, hanno premiato la ricostruzione del 66enne. E cioè che fu lei a travolgerlo, mentre lui si trovava sul margine destro, vicino ai paletti delimitanti la pista, colpendone la parte posteriore dello sci e facendogli così torcere la gamba e finire a terra. Lo sciatore era stato ricoverato e operato al presidio di San Daniele-Tolmezzo, da dove era stato dimesso il successivo 11 febbraio.
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