Transalpina, simbolo della guerra fredda

Domani alle 10.15 (salvo variaizoni dell’ultimo momento) sul versante sloveno della piazza Transalpina si terrà l’incontro tra i Presidenti della Repubbica di Slovenia Borut Pahor e d’Italia Giorgio Napolitano. All’incontro è stato invitato, tra gli altri, anche il sindaco di Gorizia Ettore Romoli. Nell’articolo che segue ripercorriamo la storia e il significato di questa piazza.
DI DARIO STASI*
Nel Novecento goriziano la stazione della ferrovia Transalpina occupa un posto di primo piano.
Quell’imponente edificio asburgico, e poi quella piazza divisa fra Italia e Jugoslavia con il filo spinato, la stella rossa campeggiante sul tetto, fino all’attuale mosaico simbolo di una ritrovata convivenza, sono tutti elementi della “grande storia” che ha segnato Gorizia nel secolo scorso e che quel luogo testimonia in modo unico.
Vi sono diversi aspetti delle vicende di questo monumento che meritano un approfondimento ma la storia di quella stella rossa riesce ancora a suscitare ricordi, emozioni, opinioni contrastanti. Oggi è diventata un reperto storico ed è giustamente conservata nel piccolo museo della stazione. Ma ripercorriamone in sintesi le vicende. Per prima cosa dobbiamo ritornare indietro nel tempo, al 15 settembre del 1947. In quel giorno entra in vigore il Trattato di pace di Parigi che assegna Gorizia all'Italia e il nord est della città alla Jugoslavia. Così recita il Trattato: "Dal monte Sabotino la linea di confine si prolunga verso sud, taglia il fiume Isonzo all'altezza della città di Salcano, che rimane in Jugoslavia, e corre immediatamente ad ovest della linea ferroviaria". In città, per circa tre chilometri da Salcano a San Pietro, il confine viene tracciato in base al percorso della ferrovia Transalpina che, secondo la "linea francese" (quella infine adottata) doveva rimanere interamente in territorio jugoslavo. Compresa, ovviamente, la stazione.
Una stazione grande, monumentale, per una città che ancora non c'è, ma che già esiste nei progetti delle autorità jugoslave (le decisioni prese a Parigi erano state ufficializzate già dal 10 febbraio di quello stesso anno). Questa era la situazione paradossale oltreconfine. Essendo poi la facciata della stazione rivolta verso la “vecchia” Gorizia e non verso la costruenda nuova città, sembra che qualche zelante uomo politico abbia proposto di demolire la stazione asburgica e costruirne un'altra ex novo. Per fortuna ha prevalso il buon senso. Si può dire quindi che la presenza della stazione ha comunque contribuito a convincere i progettisti a scegliere di costruire Nova Gorica a ridosso della nuova linea di demarcazione, anche perché - tra l’altro – era stato deciso che si voleva costruire “qualcosa di grande, di bello, di altero, qualcosa che brillasse oltre il confine”. Ad ogni modo quella stazione così importante, in quegli anni di forte contrapposizione, viene scelta dalle autorità jugoslave come punto di riferimento significativo attraverso cui comunicare, sfidare o anche solo affermare la propria netta diversità politica rispetto al mondo "capitalista". Ecco allora che appare dopo quel 15 settembre 1947 una grande stella rossa sul tetto della stazione, entro cui si staglia in rilievo la falce e il martello e, sotto, la scritta "Utrjujmo bratstvo in edinstvo narodov" (Rafforziamo la fratellanza e l'unità dei popoli), una direttiva del partito comunista jugoslavo del tempo, quando evidentemente il nuovo stato deve superare le non poche difficoltà di creare l'unione federativa di sei repubbliche con culture, tradizioni, religioni, lingue e persino alfabeti diversi. E ciò in un quadro di tensioni internazionali nei mesi che precedono e seguono la drammatica rottura della Jugoslavia con l’URSS (giugno 1948). Successivamente la Jugoslavia si stacca dal blocco comunista del Patto di Varsavia e diventa un paese leader degli stati del “Terzo mondo”, mette al bando la pianificazione di tipo sovietico e inizia l’esperimento di autogestione socialista. Compare allora (primi anni Cinquanta) un’altra stella rossa con una nuova scritta: “Mi gradimo socializem” (Noi costruiamo il socialismo). Negli anni Settanta anche questa frase viene tolta e rimane solo la stella. Nei primi anni Novanta con la caduta del muro di Berlino essa viene agghindata come una stella cometa e, nel 1991, è definitivamente tolta.
*direttore Isonzo Soca
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