Tragedia di Miramare, giallo sulle cause della morte del sub sloveno
Prese in considerazione varie piste: dal malfunzionamento dei respiratori alle miscele inadeguate. Tutti gli interrogativi restano aperti per gli investigatori

Il recupero del cadavere
TRIESTE.
Malfunzionamento dei respiratori o miscele inadeguate? Guasti tecnici o leggerezze umane? A 48 ore dalla morte del subacqueo sloveno Samo Alajbegovic e dall’arresto cardiaco del collega Ziga Dobrajc, ricoverato in condizioni disperate a Cattinara e con funzioni vitali estremamente compromesse, tutte le piste restano aperte. Il giallo dell’immersione nelle acque della Riserva di Miramare finita in tragedia pare ancora lontano dalla soluzione e il lavoro degli inquirenti, coordinati dal pm Lucia Baldovin, si annuncia lungo e complesso.
Tra le tante ipotesi in piedi, una tuttavia sembra farsi strada con maggior decisione. Quella secondo la quale i sub avrebbero manifestato pressoché contemporaneamente i primi segnali di difficoltà, pochi minuti dopo il loro ingresso in acqua. Due malori accusati a breve distanza l’uno dall’altro, dunque, e riconducibili a un’identica causa scatenante. Secondo questa pista, nel momento in cui il primo sub in difficoltà - il 31enne Ziga Dobrajc - veniva recuperato dall’istruttore, il secondo - Samo Alajbegovic di 41 anni - aveva già perduto i sensi.
E proprio per questo motivo non sarebbe tornato subito in superficie per prestare aiuto al compagno, rimanendo quindi in balia delle correnti che l’avrebbero poi allontanato dal gruppo. Ecco spiegato anche il ritardo nel ritrovamento: quando, dopo aver portato a riva Dobrajc, l’istruttore ha cercato di ripetere la procedura d’emergenza con Alajbegovic, il corpo di quest’ultimo era già uscito dal suo raggio visivo. Resta da capire però cosa abbia innescato due episodi tanto improvvisi e ravvicinati. Forse - e questa pare essere una delle ipotesi più accreditate - potrebbe essere stata la miscela di azoto e ossigeno. Un’ipotesi che non convince però i biologi della Riserva di Miramare.
«Abbiamo controllato tutte le bombole dell’aria, compresa quella per il rabbocco - ha spiegato Roberto Odorico, vicepresidente della cooperativa Shoreline -. Nessuna presentava anomalie. Pensare a un problema di questo tipo peraltro è difficile visto che, in casi simili, si avvertono subito forti mal di testa e altre avvisaglie. Avvisaglie che durano ben più di 3/4 minuti, vale a dire il brevissimo lasso di tempo dopo il quale si è manifestato il malore fulminante del primo sub».
Dello stesso avviso Nicola Donda, titolare della Hbt, la ditta triestina che ha costruito i ”rebreather” usati l’altro giorno a Miramare. «Le apparecchiature sono state controllate in Capitaneria poche ore dopo la disgrazia, ed erano perfettamente funzionanti - commenta Donda - Nel caso del sub morto, più che di guasto tecnico, credo si possa parlare di imprudenza legata a eccessiva sicurezza. Alajbegovic non è stato colto subito da malore ma, convinto di conoscere alla perfezione l’attrezzatura, ha proseguito l’immersione, fino a quando non ha esaurito il gas nella bombola, andando inevitabilmente in ipossia».
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