Tragedia di Gorizia: addio a Stefano, ragazzo pieno di talenti dal calcio al violino e campione di fair play

GORIZIA Era un ragazzino solare, pieno di talento e interessi. Sportivo, anche e soprattutto, educato evidentemente a quei valori che tanti riconoscono a una famiglia conosciuta e amata a Gorizia e nell’Isontino, e che per lo sport nei suoi messaggi più puri e positivi ha vissuto con impegno. Raccontare di una giovane, giovanissima vita portata via da un destino tragico, inaccettabile, rischia talvolta di cedere il passo alla retorica. Che però questa volta, come in tanti altri casi, proprio non trova posto.
Cosa sarebbe diventato, cosa sarebbe potuto diventare Stefano Borghes continuando a percorrere la strada che natura, ragione, cuore non possono accettare si fermi a tredici anni, non lo potremo più sapere. Tragedia nella tragedia. Resta però ciò che era e rimarrà nel cuore di chi gli voleva bene e lo conosceva, a partire ovviamente dai suoi genitori Roberto e Daniela e dalla sorella Chiara, fino alla zia Marinella o ai nonni Mario e Laura, che sono due tra le figure più stimate dello sport e dell’associazionismo goriziano. Già, lo sport. Il mondo della famiglia Borghes, quel mondo di cui anche Stefano faceva parte a pieno titolo, calciatore della formazione Esordienti dell’Azzurra di Straccis, una delle società più ricche di tradizione nel capoluogo isontino, e che ha nel vivaio il suo vanto.
Proprio con la maglia azzurrina addosso si era reso protagonista dell’episodio che forse meglio di ogni altro riesce a restituirci un’immagine di questo ragazzo la cui luce è stata spenta dal buio del pozzo di villa Coronini. Durante una partita di campionato aveva avuto la possibilità di segnare agevolmente un gol, con il portiere avversario rimasto a terra e dunque fuori causa. Invece no, Stefano aveva anteposto alla gloria personale e al risultato positivo l’etica, la correttezza, fermando il gioco. Un gesto che gli era valso un premio per il fair play.
Bravo sul campo dunque, ma anche fuori, nella vita, visto che chi lo conosceva, magari pure solo di sfuggita o perché lo incrociava portando il figlio o la figlia a catechismo come a scuola, lo descrive come «solare, sempre positivo e sorridente». I banchi delle elementari erano stati quelli della scuola Pecorini di Straccis, dove foto e trafiletti d’archivio ce lo ricordano anche tra gli alunni segnalati in un concorso di disegno. Aveva interpretato al meglio con la sua creazione, Stefano, la bellezza della natura, raccontandola pure con un breve testo. Chissà, alla natura magari si sarà ispirato pure suonando il violino, visto che il giovanissimo goriziano era anche musicista – passione, quella per le note, coltivata pure da mamma Daniela –, e con la sua scuola media, la Locchi, era stato tra i protagonisti nel 2019 del concorso “Città di Pesaro”. Anche per tutto questo fin dalla tarda mattinata di ieri e poi via via nelle lunghe ore di un pomeriggio fattosi cupo assieme al cielo carico di pioggia, a Gorizia, la notizia e lo sgomento per l’incidente del parco di viale 20 settembre hanno colpito tanti, tantissimi.
Tutti stretti idealmente a una famiglia che molto ha fatto per generazioni di giovani che, proprio come Stefano, inseguivano i loro sogni attraverso lo sport. Il nonno Mario Borghes, ad esempio, è stato ed è l’anima del baseball in riva all’Isonzo. Nel lontano 1969 ha fondato a Gorizia il Cab, “Centro addestramento baseball”, che ha visto tra le sue fila protagonista pure il figlio Roberto, papà di Stefano.
Ma Mario è anche da sempre una delle colonne del Coni, oggi fiduciario provinciale, e decano dei giudici di gara dell’atletica leggera, disciplina che nell’Isontino ha in sua moglie Laura uno dei punti di riferimento assoluti, storica presidente del comitato provinciale Fidal. Per non dire della zia del piccolo Stefano, Marinella, che oltre ad essere atleta di primo piano (podista tra le più brillanti del Gruppo Marciatori Gorizia) è da tempo imprescindibile dirigente dell’Atletica Gorizia. Con loro, da ieri, piange un’intera città. –
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