Trafugate le lettere dalle lapidi dei morti. Senza pace il cimitero di via 24 Maggio
MONFALCONE All’inizio si era pensato che le lettere fossero semplicemente cadute sul campo, dopo svariati anni di onorato servizio. Per un motivo banale: la vetustà. Invece, siccome ai primi sporadici casi nel frattempo se ne aggiungevano altri e ogni volta di quei caratteri in bronzo non restava traccia per terra, a poco a poco è balenata l’idea che dietro quelle inspiegabili sparizioni vi fosse una precisa determinazione: la volontà di trafugare le lettere dei nomi dei morti sulle relative lapidi. E che, pertanto, si trattasse di veri e propri furti. Mirati.
Prima una lettera su una lapide, poi su un’altra. Una storia che va avanti da almeno un anno, nel camposanto di via 24 maggio, forse più. Nota perfino ai rivenditori locali di marmi funebri, cui si rivolgono i basiti clienti per chiedere di sistemare, riportandola alle sembianze originali, la tomba del proprio caro.
Solo negli ultimi tempi, tre i casi distinti segnalati all’assessore ai Servizi cimiteriali Giuliana Garimberti, ma almeno il doppio sono quelli invece portati all’attenzione dell’ufficio di Aris. Tant’è che l’amministrazione si è decisa a correre ai ripari e inserire otto telecamere all’interno del perimetro comunale. Già la scorsa settimana, venerdì, è avvenuto un primo sopralluogo per la precisa ubicazione degli occhi elettrici.
Ma intanto il gesto ignobile che non lascia in pace nemmeno il caro estinto fa discutere. Chi è il ladro di lettere? Soprattutto: che se ne fa, con quei caratteri? Dietro il furto potrebbe esserci qualcuno che, in passato, ha avuto a che fare con il settore funebre: agli occhi di un esperto, infatti, non è passato inosservato l’asporto “chirurgico” dei simboli. Ogni lettera s’incastra, attraverso dei perni, nel marmo. Per incollarla si usa mastice o silicone. «Non è difficile staccarla – spiega un tecnico, Andrea Sgubin, da quasi mezzo secolo sulla piazza e titolare assieme al nipote Freddie della ditta Marmi Sgubin – basta una spatola o un cacciavite affilato». Ma se non lo sai fare è facile che i perni restino nei buchi e il pezzo che rimane in mano diventi inutilizzabile. I più lo ignorano, ma in pratica l’incastro funziona come una presa elettrica e la sua spina. Evidentemente chi opera sa. E non si può escludere che il fantomatico ladro riutilizzi queste lettere per lavoretti in black. Magari la sistemazione di altre lapidi senza fatturazione, a costi ovviamente più bassi.
«So che ci sono stati dei furti al cimitero di Monfalcone – riferisce Sgubin – perché poi ho sistemato io alcune iscrizioni, ma sono arrivati anche dei clienti da Ronchi e Poggio Terza Armata per degli episodi in quei campisanti». Quanto alle lettere, «sono in bronzo trattato, per resistere a ogni agente atmosferico attraverso vernici» e costano 7-8 euro l’una, a seconda del carattere. Mentre i numeri di meno: 5 euro. «In tanti anni – conclude – non mi sono mai imbattuto in situazioni così. Si tratta di fatti relativamente recenti: direi che i primi si sono registrati nel 2017. Più o meno 2 anni fa. Ultimamente hanno preso più vigore».
Che si tratti di un qualcosa di anomalo lo conferma anche l’assessore Garimberti: «Non vengono sottratte più di una o due lettere alla volta: due “T” e una “I”, per esempio. Comunque caratteri precisi, come se dovessero andare a comporre altrettanto precisa scritta. Da quando l’ho saputo io stessa monitoro le lapidi dei miei cari». «Cogliere la persona che compie lo sfregio – sottolinea – è pressoché impossibile. Inoltre non tutti se ne accorgono: capita a un frequentatore abituale del cimitero, non a chi ci si reca magari solo in occasione di Ognissanti e per questo non c’è contezza del fenomeno. Infine è difficile che le persone denuncino, vista l’esiguità di spesa per il ripristino». Di qui il mandato a installare il prima possibile le telecamere. Per stroncare l’oltraggio ai nomi dei defunti. –
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