Tra spezie e piatti tipici le giornate del ragazzo arrivato dal Pakistan dietro a un bancone

la storiaSaquib Anayat ha 28 anni e in Pakistan, suo Paese natale, dove ha vissuto fino a tre anni fa, era un geometra, impegnato nel campo dell’edilizia. Nel 2015, dopo un viaggio lungo, insieme a...

la storia



Saquib Anayat ha 28 anni e in Pakistan, suo Paese natale, dove ha vissuto fino a tre anni fa, era un geometra, impegnato nel campo dell’edilizia. Nel 2015, dopo un viaggio lungo, insieme a persone di altre nazionalità, è approdato a Trieste e da oltre due anni lavora dietro il bancone di un negozio di via Brunner, gestito da un suo connazionale, che vende prodotti alimentari dall’Asia, dall’India e da tanti altri Paesi, dove molti stranieri possono trovare i sapori di casa.

Ma Saquib ama anche cucinare e nella sua casa accoglie spesso amici triestini, con i quali prepara piatti italiani e pakistani, mescolando insieme ricette e ingredienti. «Vivevo in un paese del Pakistan tranquillo – racconta – ero in un gruppo di lavoratori di una ditta che acquistava terreni per costruire abitazioni, che poi venivano vendute. La vita andava avanti senza problemi, finché un giorno si è creata una situazione di instabilità, di violenza. Le cose sono molto diverse da qui, anche in fatto di sicurezza. L’unica possibilità per me era di lasciare la città, non mi sentivo al sicuro. Era impossibile rimanere, così in poco tempo ho preso una decisione. L’unica strada era andare via, provare a realizzare qualcosa di nuovo da un’altra parte, avrei dovuto ricominciare da zero, ma ero giovane e non mi spaventava più di tanto».

A 25 anni il ragazzo parla la sua lingua e l’inglese, ha voglia di lavorare, di raggiungere l’Europa, anche se non ha una meta precisa. La prima tappa è la Turchia, poi la Grecia, risale quindi i Balcani, un periodo lo passa anche in Ungheria, fino all’arrivo a Trieste. «Spostamenti da incubo – ricorda – con diversi mezzi di trasporti, in situazioni di grande difficoltà, speravo che prima o poi avrei trovato un luogo sicuro, dove potermi fermare e dove provare a cercare un lavoro. Ero consapevole che sarebbe stata dura per me ed è stato così».

Dopo aver passato mesi tra diversi spostamenti, il giovane giunge in città. «Trieste mi ha subito stupito, l’ho considerata bellissima, immediatamente. E volevo rendermi utile, essere indipendente. Ho cercato qua e là lavoro e ho trovato questo negozio, ho parlato con il titolare, del mio stesso Paese, e sono stato assunto. Sono felice, passo quasi tutto il giorno tra gli scaffali e mi piace. Ho preso un appartamento in affitto con altri tre ragazzi. Nel tempo libero vado in giro a vedere la città, il castello di Miramare, quello di San Giusto, Barcola, la Grotta Gigante, anche Muggia, splendida. Prima di stabilirmi qui ho girato altre città, Bologna, Venezia, Ferrara, ma Trieste è senza dubbio la migliore».

Nel piccolo supermercato c’è un po’ di tutto, nei pochi scaffali sono stipati prodotti di tutti i tipi, spezie, frutta secca, dolci, barattoli con verdure e altre specialità che arrivano da lontano. Ma chi acquista non è soltanto straniero. Saquib, mentre serve i clienti, si sforza di spiegare la sua storia, con calma, anche se ogni tanto le parole faticano a uscire. «Sto ancora imparando, anche se ho fatto un corso di italiano, serve molto il contatto con la gente, soprattutto con i triestini e in negozio ne arrivano davvero tanti. Sono la maggior parte. Certo ci sono africani, pakistani, sudamericani, che cercano i prodotti che da altre parti non trovano, ma moltissimi sono italiani. Alcuni hanno girato il mondo e in vacanza hanno provato piatti e cibi che vogliono assaggiare di nuovo, provano a riproporli da soli, altri vogliono sperimentare nuovi gusti e magari chiedono un consiglio. Ho trovato alcuni triestini che sono andati anche in vacanza in Pakistan e che cercavano le specialità della mia terra».

Con molti clienti il ragazzo ha stretto amicizia e organizza momenti conviviali per scambiare le reciproche conoscenze a tavola. «Vengono a casa mia, prepariamo i pasti insieme, magari cibi italiani con qualcosa di pakistano, per esempio una bella pasta piccante, e poi il riso o il the che fa parte delle mie usanze». Mentre Saquib parla c’è un continuo andirivieni di persone, di tante nazionalità, che comprano o entrano semplicemente per un saluto. «I primi giorni non capivo niente – ammette – facevo tanta fatica con i termini in italiano, era davvero molto difficile, ma va sempre meglio. Anche perché con la gente si chiacchiera, non si fermano solo a fare la spesa. Tanti mi chiedono da dove arrivo, sono interessati a capire com’è la mia cultura, il mio Paese, le cose più tipiche che magari non conoscono. Adesso ogni cosa più semplice, riesco a esprimermi abbastanza bene, ma nei primi mesi non è stato così. E poi – aggiunge – avevo paura, per me tutto era nuovo e totalmente diverso, la cultura, le persone, le tradizioni, i modi di fare. Qualcuno a malapena mi salutava, altri invece si sono fermati fin da subito, per parlare o per conoscermi, ognuno è diverso e va bene così, non mi sono mai sentito trattato male».

E se da una parte Saquib ha portato in Italia i sapori della sua cucina, per molti altri aspetti ormai sente lontano il suo Paese, tranne per la nostalgia, sempre molto forte, che lo assale quando pensa alla sua famiglia. «In Pakistan sono rimasti mio padre, mia madre, parenti e amici. Mia madre e mia sorella in particolare soffrono della lontananza, sperano che prima o poi io torni giù da loro. Ci sentiamo spesso, spero anch’io di poterli raggiungere di nuovo ma non credo che tornerò mai per restare». Saquib ama il suo lavoro e soprattutto Trieste, e uno degli aspetti che preferisce è la possibilità di godersi i momenti di libertà da dedicare alla continua scoperta della città e dei dintorni. «Ogni mese ho qualche giorno in cui non vado al negozio e posso uscire, ci sono luoghi meravigliosi, sia a Trieste che poco lontano, mi piace camminare, cercare paesaggi nuovi, andare lungo il mare d’estate e non solo. Ho trovato una città accogliente e in futuro, magari più avanti, quando avrò più esperienza, vorrei aprire un’attività tutta mia. Per ora sono felice, anzi felicissimo così». –







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