Tra povertà e paura di contagio Sos per le condizioni dei rom
BELGRADO Lavarsi le mani, restare in casa, mantenere le distanze interpersonali, indossare le mascherine. Sono i consigli-ordini che vanno per la maggiore in tutta Europa e nel mondo, al tempo del coronavirus. Consigli che, tuttavia, centinaia di migliaia di persone in tutti i Balcani e in altre aree dell’Europa centro-orientale non possono rispettare, anche volendo. Si tratta di quanti appartengono alla folta minoranza rom, un gruppo impoverito e spesso ghettizzato già prima della pandemia e ora fra quelli più a rischio di contagio, vittima di nuove discriminazioni.
Sono tanti, i rom dei Balcani ancora fuori dalla Ue e quelli che vivono in Romania, Bulgaria, ma anche in altri Paesi come Ungheria, Cechia e Slovacchia: stime locali parlano di almeno un milione di persone nei Balcani occidentali, 620 mila in Romania, 750 mila in Bulgaria, tra i 450 mila e il milione in Ungheria, almeno 100 mila in Slovacchia. Sono Paesi diversi tra loro, ma in tutti le condizioni dei rom sono oltremodo difficili, ai margini della società. Alcuni dati raccolti dall’Onu nel 2018 corroborano il quadro. Dati come quelli che svelano che solo il 48% dei rom in Albania ha accesso all’acqua potabile nella propria abitazione, spesso costretto a sopravvivere in insediamenti super-affollati e insalubri, ai margini delle città. Per non parlare dell’accesso all’assistenza sanitaria, secondo l’Onu garantito ad esempio solo a un rom su dieci in Kosovo e al 30% in Albania, mentre la situazione è migliore nel resto dei Balcani. Il tasso di occupazione è di tre-quattro volte inferiore rispetto a quello del resto della popolazione, poco sopra il 10% in Bosnia, Kosovo, Serbia e Montenegro, vicino al 20% in Albania e Macedonia.
Una popolazione che il lockdown ha relegato ancora più ai margini. Sono chiusi i mercati dove i rom andavano a vendere prodotti agricoli o oggetti usati, da Skopje a Belgrado. Poche - viste le misure restrittive anti-coronavirus - le ore in cui in molti possono sciamare per le città deserte a raccogliere plastica o vetro; ridotte le chance di trovare lavori saltuari. «Molte famiglie rom non hanno neppure risparmi per comprare viveri o prodotti per l’igiene», senza dimenticare il rischio concreto di un alto numero di contagi «se il virus entrerà» negli slum dei rom balcanici, magari sollevando ondate di nuovo razzismo o violenza contro la minoranza, hanno ammonito in una lettera aperta gli analisti Stephan Müller, Fikrija Tair, Bashkim Ibishi e Dragan Gracanin, impegnati nella difesa dei diritti rom.
Gli allarmi sono stati ripresi e confermati dalla stampa locale. «Non abbiamo nulla, né sapone, né disinfettanti», ha raccontato a Radio Europa Libera una donna, Jasmina, 40 anni, madre di due bimbe, davanti alla sua baracca dello slum “12 Febbraio” di Niš, in Serbia, uno dei 600 dove vive il 70% della popolazione rom, mentre le autorità cercano di fare il possibile per evitare «una catastrofe umanitaria», ha ammesso Dragan Gracanin, un funzionario responsabile degli affari rom. Stesso scenario in Bosnia, dove «se uno di noi diventa positivo il contagio si diffonderà rapidissimo» nelle baraccopoli, ha previsto Dalibot Tanić, del portale Udar. È dura anche in Albania, dove rom a Tirana, Elbasan, Vlora e Korca hanno violato il coprifuoco per protestare contro la mancanza di cibo e assistenza nelle loro comunità. Così in Montenegro, dove è forte la paura del contagio mentre il governo è accusato di non fare abbastanza per i rom, ha informato il portale Cin. Si fa la fame anche in molti villaggi rom in Ungheria, dove i redditi precari sono stati prosciugati dal lockdown; e in Slovacchia, dove si evoca l’intervento dell’esercito per mettere in quarantena gli insediamenti, temendo un estendersi veloce dei contagi. Qualcosa di simile accade in Bulgaria, dove sono stati creati checkpoint fuori dagli slum rom, mentre i nazionalisti del Vmro (al governo) chiedevano «di chiudere i ghetti, fonte di contagio». E per i rom il coronavirus potrebbe essere l’ennesima tragedia sanitaria. E di discriminazione e violazione dei diritti umani. —
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