Tra fidi bancari e “cassa” per tutti Così Trieste Airport vuole sopravvivere

Consalvo: «Serviranno altri ammortizzatori, spalle solide  ma il futuro sarà difficile». La speranza: ripartenza in estate
Bonaventura Monfalcone-11.11.2019 Trieste Airport-Ronchi dei Legionari-foto di Katia Bonaventura
Bonaventura Monfalcone-11.11.2019 Trieste Airport-Ronchi dei Legionari-foto di Katia Bonaventura

udine

Da un mese non vola più un aereo da e su Ronchi dei Legionari. Gli ultimi due decolli sono stati, venerdì 13 marzo, su Londra e Roma. Dal giorno successivo, Trieste Airport è chiuso, «completamente chiuso», rimarca l’amministratore delegato Marco Consalvo. In questa paralisi del traffico, la struttura si è però attrezzata per essere pronta a ripartire non appena da Roma arriverà l’indicazione per farlo. C’è del resto anche da rispettare le disposizioni dell’Enac che impongono di gestire eventualmente alcune attività d’emergenza. Servono per questo, ogni giorno, una persona a turno e sette ore di ispezioni. Grazie agli ammortizzatori sociali e a un bilancio 2019 che parla di un utile di 2,359 milioni, superiore di quasi un milione al +1,456 dell’esercizio 2019, la speranza è di poter «sopravvivere», tutelando l’occupazione.

Consalvo, partiamo dai numeri. Dopo il -52% di passeggeri dall’ 1 al 9 marzo, qual è il calo aggiornato prodotto dall’emergenza economica da Covid-19?

Dal primo gennaio a fine marzo siamo al -32%, tutto marzo segna il -85%. Dopo sei settimane molto positive, in cui ci eravamo attestati sul +16%, nella seconda metà di febbraio sono iniziate le ripercussioni dell’epidemia.

La previsione su fine anno?

È verosimile che perderemo più del 50% del traffico.

Che cosa ci si può aspettare nell’immediato, diciamo nei prossimi due mesi?

Ad aprile, viste le perduranti restrizioni anche a livello internazionale, non ci sarà traffico. Ma temo andrà così anche a maggio e pure a giugno.

Come si potrà ripartire a luglio? E con che tipo di offerta?

Stiamo verificando gli scenari disegnati dalle associazioni internazionali, come ad esempio la Iata, che ha stimato il taglio di 25 milioni di posti di lavoro tra compagnie e attività che dipendono dal trasporto aereo: viaggi, turismo, alberghi. Per le sole compagnie la perdita netta prevista è di 39 miliardi di dollari. Altre simulazioni, altrettanto preoccupanti, sono quelle di Boeing e Airbus. Ma si tratta di numeri poco attendibili, perché tutto dipende dall’andamento del virus. L’unica certezza, almeno per noi, è che quando arriverà il momento ripartiremo solo con collegamenti domestici.

Come vi state preparando?

Abbiamo contatti con le compagnie che operano con Ronchi, partendo da Alitalia, Lufthansa, Ryanair, Volotea. Ipotizziamo assieme una lenta, graduale ripresa. Abbiamo già Roma, Napoli, Bari, Catania e Cagliari, l’intenzione è di ampliare i voli sulle isole e sulla Calabria. Ma finché il virus non si ferma, non si potrà fare nulla.

Ci dobbiamo comunque scordare i voli internazionali?

Inimmaginabile pensarci nel breve se, una volta sbarcati all’estero, ci si deve mettere in quarantena per due settimane. E lo stesso al ritorno.

Come tutelare inizialmente la salute delle persone?

Gli aeroporti si erano già attrezzati per la misurazione della temperatura e non resta ora che attendere gli sviluppi sul fronte della sierologia, che non sembrano tuttavia dare troppe garanzie. Faremo quello che ci verrà detto.

In questi giorni avete approvato il bilancio in consiglio di amministrazione. Che indicazioni dà?

Confortanti. A conferma del percorso di ristrutturazione dei conti avviato dalla presidenza Marano, le spalle ora sono solide. Il margine operativo lordo è di 4,8 milioni, l’utile netto è di oltre 2,3 milioni. All’assemblea dei soci, vista la situazione, chiederemo che l’intero importo resti in azienda e non venga distribuito.

Vi siete mossi per assicurarvi liquidità immediata?

Abbiamo chiesto fidi bancari per 5 milioni. A fronte di ricavi azzerati da metà marzo e costi incomprimibili, la struttura deve comunque essere tenuta agibile e il personale va pagato. Fino a marzo abbiamo coperto interamente gli stipendi.

Per quante persone avete chiesto la cassa integrazione?

Lo smart working lo fanno solo le funzioni amministrazione, commerciale e infrastrutture, per non più del 10% dell’orario complessivo. Ricorrendo al decreto “Cura Italia”, abbiamo chiesto la Cig in deroga per nove settimane per tutti i 102 dipendenti dello scalo e la Cigo per i 30 della società di sicurezza, la Afvg Security.

Fino a quando si potrà andare avanti?

Avremo bisogno di altri ammortizzatori, è chiaro. Ma quello che cambierà tutto sarà il rivedere qualche ricavo. Se riparte qualche volo in estate, avremo maggiore serenità per affrontare il prossimo futuro, che sarà in ogni caso difficile. —



Riproduzione riservata © Il Piccolo