Quella Torre del Lloyd domina le navi di Trieste più forte dei bombardamenti del 1944

L’edificio che ospita la sede dell’Authority ha un’architettura gotica con ossatura in pietra bianca delle cave di Pola

Zeno Saracino
La Torre del LLoyd fotografata da Andrea Lasorte
La Torre del LLoyd fotografata da Andrea Lasorte

Una mappa batimetrica, esposta nell’Ala Nord del Museo del Mare, mostra la Trieste di metà Ottocento: colpisce, nella zona di San Vito e Servola, la pressoché totale assenza di costruzioni, con l’eccezione di una grande struttura denominata Arsenale del Lloyd.

L’ampio complesso di pietra bianca, oggigiorno sede dell’Authority, fu infatti tra le prime grandi infrastrutture portuali moderne di Trieste.

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Una carrellata di immagini del Porto Nuovo di Trieste (Lasorte)

La posizione stessa tradiva la natura cantieristica dell’Arsenale: facilmente raggiungibile dalla strada carrabile che seguiva la curva della collina e, al contempo, affacciato con i bacini di carenaggio sul mare.

La posizione inoltre preavvertiva l’ampio spazio di sviluppo consentito dalla direttrice verso Zaule e Muggia, ignorata per le necessità della Ferrovia Meridionale allorché si iniziò a progettare quel Porto Nuovo, oggigiorno Porto Vecchio, non a caso modellato con lo stesso stile architettonico del gotico quadrato già sperimentato con l’Arsenale.

La fondazione stessa del complesso, con un basamento calcificato dalla Terra di Santorini, fu realizzata con tecniche poi migliorate e impiegate su vasta scala nei magazzini portuali.

Il ruolo di apripista dell’Arsenale lloydiano non si limitò alla costruzione stessa: il suo creatore, l’ingegnere-architetto danese Christian Hansen, viaggiò in tutta Europa onde visitare i maggiori cantieri del 1850 in Inghilterra, Olanda, Francia, Danimarca e Russia. E nel farlo si inserì in una tradizione di giramondo triestini: Ghega, ad esempio, onde realizzare la prima ferrovia alpina della storia studiò gli impianti di metà Europa; e l’ingegnere del Lloyd Henry Jones era continuamente in Inghilterra per studiare i primi piroscafi. L’Arsenale triestino si connota allora come un concentrato delle innovazioni, specie inglesi, del periodo: Hansen copiò ad esempio le colonne prefabbricate, fuse in ferro, utilizzate per le scale dai modelli esposti alla Grande Esposizione di Londra del 1851.

Giungendo dal Passeggio di Sant’Andrea n. 5 l’ex Arsenale si presenta con un corpo centrale e due ali, in linea con simili fabbriche e stazioni costruite nello stile del gotico quadrato. L’estetica dell’edificio, dalle forme di un castello romantico, nasconde esigenze pratiche: l’ingresso monumentale, costituito dalla torre con l’orologio, consentiva un raccordo tra il dislivello della strada di accesso e l’arsenale a livello del mare.

L’entrata tutt’oggi presente corrisponde infatti al terzo piano della torre, dalla quale scendendo una doppia rampa di scale si accede alla cappella al secondo piano e infine al piano terra alle grandi arcate per la movimentazione della merce. Non sorprende come oggigiorno l’edificio sia sede dell’Authority considerando come la torre e la correlata palazzina dell’amministrazione offrano una naturale vista sull’intero golfo e in particolare sul movimento delle navi in partenza e in uscita. Se oggi dal terzo piano si raggiungono quegli stessi uffici un tempo utilizzati dall’amministrazione del Lloyd, discendendo a livello del mare si rimane invece sorpresi per il gigantesco porticato sostenuto da otto colonne di marmo.

L’architettura del gotico quadrato che ammanta l’intero edificio possiede forti richiami bizantini e nasconde l’ossatura di pietra dell’edificio con un rivestimento di splendente calcare bianco dalle cave di Pola. Se al cancello due leoni di pietra dello scultore Capolino, sopravvissuti ai bombardamenti del 1945, accolgono il visitatore, il ponte di collegamento esibisce tutt’oggi due stemmi con ancora e animali marini propri delle insegne del Lloyd.

La professoressa Diana Barillari osservava che l’Arsenale ha forti somiglianze con l’Invalidenhaus di Lemberg, oggigiorno un ospedale a Leopoli/ L’viv, in Ucraina. Non è un caso, perché la mente dietro il progetto era Teofilo Hansen, fratello di quel Christian che nel frattempo lavorava a Trieste. E la stessa Leopoli, “tomba dei popoli”, era l’ultima frontiera orientale dell’impero austriaco. —

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