Tornatore: «La miglior offerta l’ho avuta girando a Trieste»

TRIESTE. Giuseppe Tornatore approda oggi di nuovo in regione per accompagnare “La migliore offerta”, il suo ultimo film girato in gran parte proprio a Trieste e in Friuli Venezia Giulia. Il regista siciliano, Premio Oscar nel 1989 con “Nuovo cinema Paradiso”, incontrerà il pubblico del Cinema Visionario di Udine alle 19.40 e di Cinemazero di Pordenone tra lo spettacolo delle 19.15 e quello delle 21.30. A breve però tornerà anche nel capoluogo giuliano, ospite del Trieste Film Festival, per una speciale masterclass aperta al pubblico e a ingresso gratuito, “Conversazione con Giuseppe Tornatore”: l’appuntamento è martedì 22 gennaio alle 18.30 al Teatro Miela. “La migliore offerta”, elegante ricetta di thriller ambientato nel mondo delle aste e storia d’amore con un perfetto meccanismo di misteri a scatole cinesi, sta cavalcando il botteghino italiano: con 2.756.927 euro, è il film più visto nella settimana tra il 31 dicembre e il 6 gennaio. Lo straordinario protagonista è il Premio Oscar Geoffrey Rush, un attore che il regista ha sempre amato da quando l’ha visto in “Shine”.
Tornatore, come ha scelto Rush per il ruolo di Virgil Oldman?
«Ce l’avevo in mente - risponde - già mentre scrivevo la sceneggiatura, anche se avevo la sensazione che fosse troppo giovane. Invece, un po’ invecchiato dal trucco di scena, era perfetto. Gli ho mandato il copione, mi ha risposto cinque giorni dopo: “Ho letto, faccio il film”. Quando un attore ti risponde così significa che ha trovato un personaggio che lo convince veramente. Ci siamo visti a cena a Toronto, dov’era di passaggio, e dopo dieci minuti stavamo già lavorando sulle scene. Poi sono andato a casa sua in Australia e abbiamo iniziato un confronto sulla sceneggiatura, parola per parola. E sul set, pur continuando a lavorare, ci siamo molto divertiti».
Rush sembra aver fatto completamente suo il personaggio...
«Geoffrey è molto rigoroso e maniacale ma al contempo allegro, leggero, autoironico: questo mix è inusuale in un grande attore. È stato come fare un film con un compagno di classe che però, nel momento in cui si dà l’ “azione”, si trasforma nell’uomo più responsabile del mondo. Spesso, quando giro un film, la sera vado a cena da solo per riposarmi un po’. Due sere su tre mi succedeva d’incontrare anche lui, sempre col copione in mano: mangiando studiava la scena del giorno dopo».
Anche “La sconosciuta”, il primo film che ha girato a Trieste, era pervaso da un’atmosfera un po' noir e ghiacciata. La città le evoca questo?
«No, e infatti i due casi sono molto diversi. Ne “La sconosciuta” cercavo una città italiana che non desse al film una cifra cronachistica, come probabilmente sarebbe stato girando a Roma, Napoli o Milano, ma un luogo che non fosse immediatamente riconoscibile. Per “La migliore offerta” sono capitato a Trieste per ragioni completamente diverse. Avrei dovuto girare sei settimane a Vienna, però purtroppo ho scoperto che non è una città molto accogliente».
Cos’è successo?
«Nel momento cruciale della preparazione, a due settimane dall’inizio delle riprese, mi hanno negato la location più importante, cioè la villa con di fronte il bar (che a Trieste è stata poi girata in via Galatti e Largo Panfili, aggiungendo in digitale le riprese di una villa di Codroipo, ndr.). Il film sarebbe addirittura potuto saltare, ma ho detto al mio produttore: “Giriamo a Vienna lo stretto indispensabile e il resto a Trieste, lì troveremo tutto”».
È andata così?
«Sì: sapevo che Trieste avrebbe avuto continuità stilistica con Vienna e soprattutto che avrei avuto grande collaborazione. Un’ospitalità simile l’ho trovata solo a casa mia, a Palermo e Bagheria. Se sono riuscito a risolvere l’emergenza è stato anche perché la Friuli Venezia Giulia Film Commission è una delle più efficienti che abbia incontrato in Italia: in una settimana abbiamo trovato quello che altrove non abbiamo trovato in mesi. È stato un grande dispiacere sapere che sono stati tagliati i finanziamenti alla Film Commission. Che una realtà così ben funzionante venga messa in ginocchio è simbolo di ciò che non funziona nel nostro paese: quello che va bene lo si distrugge, quello che non va bene lo si alimenta».
Il mondo delle aste non è molto frequentato dal cinema: perché l’ha colpita?
«È interessante soprattutto al di là del luogo comune che lo vuole come un ambiente un po’ truffaldino. Ero attratto in particolare dalla figura del battitore d’asta perché è un uomo che ha il compito emblematico di fissare il valore delle cose. Mi sono documentato molto, ne ho incontrati alcuni, ho imparato che vivono di solito secondo regole ferree».
I suoi film contengono spesso dichiarazioni d’amore più o meno esplicite per la settima arte. Anche in “La migliore offerta” si accenna al passaggio di “gente di cinema” alla villa…
«Quando ho scritto quella battuta il mio scopo non era di alimentare l’aspetto metacinematografico, ma è un accenno sulla linea del film, giocato sul vero, il falso e la verosimiglianza».
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