Torna l’arte all’ex Pescheria con la collezione di Sgarbi

Le “stanze segrete” del critico arriveranno a Trieste a marzo da Cortina d’Ampezzo. Rossi: «È l’inizio di una consulenza culturale e del rilancio del Salone degli incanti»
Roberto Dipiazza e Vittorio Sgarbi nel 2006 all'ex Pescheria per la mostra su Andy Warhol
Roberto Dipiazza e Vittorio Sgarbi nel 2006 all'ex Pescheria per la mostra su Andy Warhol

TRIESTE Le stanze segrete di Vittorio Sgarbi approdano a Trieste dopo Osimo e Cortina d’Ampezzo. A marzo il Salone degli incanti (ex Pescheria) ospiterà una selezione di quadri della collezione Cavallini-Sgarbi arricchita di una sezione triestina. Restano da definire alcuni dettagli, ma la decisione ormai è stata presa. «Arriva a Trieste in marzo. Lo confermo», spiega al telefono Sgarbi.

 

 

Il più famoso e furioso critico d’arte d’Italia torna di nuovo a incrociare la storia della città dopo la comparsata elettorale del giugno scorso che ha rischiato di costare il ballottaggio a Roberto Dipiazza e al centrodestra. «Li ho perdonati», scherza il critico ribaltando il punto di vista. All’epoca si era parlato persino di un suo impegno in giunta (come assessore al Porto vecchio) o di una esclusiva consulenza culturale. Quelle sue battute gli costarono l’invito al matrimonio di fine luglio di Dipiazza. Acqua passata.

Con Sgarbi torna anche l’arte al Salone degli incanti dopo un intermezzo fatto di arti marziali (Muai Thai), moto d’epoca e antiquariato. L’ex Pescheria fu riaperta nel 2006 come “Centro espositivo d’Arte moderna e contemporanea” proprio da Dipiazza (all’inizio del secondo mandato) con la mostra “Andy Warhol’s Timeboxes”.

La mostra “Le stanze segrete di Vittorio Sgarbi”, aperta fino al 28 febbraio 2017 alla Case delle Regole di Cortina D’Ampezzo, sarà arricchita di una sezione triestina. «Sono pieno di opere triestine che andranno aggiunte. Ho i tutti cartoni di Sbisà realizzati per il Museo del Risorgimento e Leonor Fini. Devo informare il curatore (che è Pietro Di Natale, ndr)», improvvisa al solito Sgarbi. L’arrivo della mostra (la prima in effetti del Dipiazza Ter) potrebbe essere anche l’inizio di una consulenza culturale. «Mi devo incontrare con il sindaco. Mi pare abbiamo bisogno di una mano», si offre Vittorio.

 

Trieste, l’imperscrutabile destino del Salone degli incanti
Il vasto interno dell'ex Pescheria di Trieste

 

«Se l’ha detto Sgarbi è sicuro. Non serve che la confermi io», aggiunge l’assessore alla Cultura Giorgio Rossi che vedrebbe bene un aiuto culturale da Sgarbi. «Non c’è niente da perdonare. Il mio rapporto con Vittorio è ottimo. Ci sarà sicuramente una consulenza. Sgarbi è una garanzia culturale. Non è che devo chiamare qualcuno a vagliare quello che mi presenta Sgarbi», aggiunge Rossi precisando che l’idea di un coinvolgimento del critico d’arte è sua: «L’ho avuta fin dall’inizio. Speriamo che ci porti bene. Vogliamo fare qualcosa di importante. Farci da rilancio. Sarà presentata in pompa magna, l’iniziativa. Faremo una cosa super. Questa mostra sarà il primo serio rilancio per il Salone degli incanti. Una struttura che non ha molto incantato come non mi stanco di ripetere. È un anno sperimentale. Nel 2017 faremo due mostre: questa di Sgarbi e un’altra che non voglio rivelare».

Nell’attesa si possono sbirciare “le stanze segrete” di Vittorio che a Cortina mettono in mostra 100 opere. Si tratta di una selezione di dipinti, disegni e sculture dal Cinquecento all’Ottocento. Comprende, tra gli altri, grandi artisti come Lorenzo Lotto, Francesco Podesti, Nicola Pisano, Bastianino, Guercino, Guido Cagnacci, Simone Cantarini, Artemisia Gentileschi, Jusepe de Ribera.

«Si tratta solo di una parte delle quattromila opere d’arte in mio possesso, ma la mia collezione è così ricca perché mia madre, Rita Cavallini, che comprava per me alle aste, era una donna molto curiosa», spiega Sgarbi. Il suo è un collezionismo d’autore. «Ho cominciato a comprare opere quando ho smesso con i libri. In tv guadagnavo due miliardi l’anno: li ho spesi tutti. Se avessi preso quanto Bonolis, mi sarei comprato il Louvre - racconta -. Per uno storico dell’arte - aggiunge - il collezionismo è legato anche a un divertimento competitivo, per dimostrare che sa riconoscere un’opera e un artista prima degli altri. Un vero collezionista non avrà mai un Raffaello in casa, ma per un Bastianino può arrivare ad uccidere».

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