Torna il lupo sul Carso'Ma oggi non è pericoloso"

Stanziale a Divaccia il branco che ha raggiungo Basovizza
TRIESTE
. Da oltre due anni stazionano nei boschi tra Divaccia e Roditti dove anche nei mesi scorsi sono state trovate carcasse di cinghiali e caprioli vittime di attacchi. Sono i lupi del branco da cui molto probabilmente si sono staccati, allontanandosi di poco più di una decina di chilometri da quello che è il loro habitat, gli esemplari che nelle notti scorse hanno colpito nella campagna tra Basovizza e Lipizza, in comune di Trieste, sbranando quattro pecore e una capra.


«Significa che dovremo riabituarci a convivere con i lupi - commenta Nicola Bressi, naturalista e zoologo triestino - ma poco male perché oggi i lupi non sono affatto pericolosi per l’uomo come negli anni Venti del secolo scorso allorché furono uccisi gli ultimi esemplari sul Carso. Non sono più abituati alla carne umana perché non trovano più cadaveri di persone vittime di stenti, di epidemie o di assalti briganteschi - spiega un po’ cinicamente - e non la gradiscono più. Erano questi i loro obiettivi assieme ai pastori che però si vestivano di pelli di pecora e di pecora puzzavano. Ma oggi in tutta Europa non esiste nemmeno un solo caso di una persona assalita da un lupo».


La ricomparsa del lupo sul Carso triestino dopo quasi una novantina d’anni potrebbe avere due sole conseguenze: quella di spingere i cinghiali ancora più verso il centro cittadino e in numero maggiore di quanto non avviene già oggi essendo essi in assoluto una delle prede preferite, e quella di far crescere il prezzo del latte di produzione locale perché gli allevatori locali dovranno prendere adeguate contromisure per il loro bestiame. Il lupo infatti, ancor più intelligente del cane, riesce anche a trovare brevi tratti di recinzione privi di elettrificazione esattamente come ha fatto sulla strada oltre Basovizza.


Come spiega Bressi, il branco di Divaccia si è probabilmente formato dai piccoli gruppi isolati di lupi che da decenni vivono attorno al Monte Nevoso giunti ancor prima dal massiccio del Velebit, in Croazia. Ma il fatto rivoluzionario nella geografia animale è che in tempi recentissimi c’è stata una sorta di saldatura tra il lupo balcanico (ramo di cui evidentemente fa parte anche quello di Basovizza) e il lupo apenninico. È notizia del 2009 infatti il ritrovamento di un cadavere di lupo balcanico a Vardena, ai confini tra Trentino e Alto Adige. Sull’altro versante il lupo apenninico è risalito fino alla Liguria, è espatriato in Francia ed è rientrato in Italia attraverso la Svizzera e la Lombardia. Tra Trentino e Lombardia il presumibile contatto. Sono infatti animali che tranquillamente per cacciare fanno una decina di chilometri in una notte, mentre in una settimana sono stati osservati spostarsi anche di cento chilometri.

In Croazia i lupi venivano considerati nocivi ed erano cacciati fino al 1994. Dal 1995 sono protetti e oggi si stima che solo sul territorio croato i lupi siano presenti in un numero compreso tra 160 e 220 esemplari, suddivisi in una cinquantina di piccoli branchi. A Trieste in anni recenti è ricomparso anche lo sciacallo, piccolo lupo di colore rossastro che popola il deserto del Sahara, risalito dalla pianura anatolica fino a Gropada.


Ma cosa devono fare i triestini se hanno la sventura di imbattersi in un lupo? «Essere felici di un avvistamento così eccezionale e, se possibile, fotografarlo perché tanto non rischiano nulla», sostiene Bressi.

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