Topolini “ostaggio” delle gang dei Balcani

L’ultima piattaforma trasformata in covo delle bande di Kosovo e Albania Scritte ovunque a marcare il territorio. I bagnini: «Violenze quotidiane»
Di Gianpaolo Sarti
Lasorte Trieste 17/06/15 - Barcola, Topolini, Scritte Kosovo, Albania, Serbia
Lasorte Trieste 17/06/15 - Barcola, Topolini, Scritte Kosovo, Albania, Serbia

Si sono presi Barcola. L’ultimo “Topolino”, il decimo, è nelle loro mani. Con la violenza, con lo strapotere incontrollato dei bulletti di quartiere. Con l’aria di chi ti guarda arrogante e ti dice, a denti stretti, “qui facciamo quel cazzo che vogliamo…”. Ti circondano in cinque, ti minacciano. “Cosa vuoi tu? Vattene, è terra nostra”. Si sono presi Barcola e Trieste e le forze dell'ordine non sapevano.

Una ventina di ragazzetti, tra i quindici e i venticinque anni, immigrati o figli di immigrati, che da settimane spadroneggiano ai Topolini segnando il territorio, come fanno gli animali, con le bombolette spray. “Kosovo” sui muri. “Kosovo negli spogliatoi. “Kosovo” sugli scogli. “Kosovo” dappertutto. Ieri pomeriggio attorno alle quattro e mezzo la polizia ne ha beccato uno. Stava cancellando una scritta “Kosovo” per metterci sopra “Serbia”. Perché questa è la lotta tra nazionalità, che si consuma in strada tra bande armate di spranghe, come accaduto in questi giorni in via del Toro e in via Battisti, o a Barcola alla conquista dell’ultimo pezzo di spiaggia.

Il ragazzo sorpreso ieri dalla Polizia, poco dopo che Il Piccolo aveva pubblicato online le foto degli imbrattamenti, farebbe parte di uno dei gruppi che imperversano tra il lungomare e Viale XX Settembre. Forse minorenne. Kosovari contro serbi o contro albanesi e rumeni in una confusa logica di territorialità balcanica per sfidare bagnanti e bagnini o molestare le ragazzine. Perché questo fanno, nei loro pomeriggi. Soprattutto quelle italiane, come raccontano da quelle parti.

La gang del “decimo” sarebbe riconducibile al pestaggio organizzato lunedì sera, in via del Toro. Dal mare al centro città. La polizia non sa se prenderli sul serio, se sono potenziali criminali o semplici perdigiorno in cerca di identità. Bulletti appunto, per i quali il nazionalismo può andar bene tanto quanto un cantante rapper o una griffe sportiva. Passano il tempo così, a seminare paura, perché non hanno altro da fare. “Kosovo” qui, “Kosovo” là, si confonde con un “tvb” o con qualche parolaccia con l’indelebile.

Ma al “decimo” tira brutta aria. Ci sono testimonianze e fatti. Si radunano in clan, musica ad alto volume e gare di tuffi. Bevono e prendono di mira qualcuno, un po’ tra di loro o tra bande rivali, soprattutto serbi e kosovari. Se la prendono con gli italiani, anche. O le italiane, minorenni. Le chiudono in bagno. Si chiudono con loro, in tre. Per scherzo o per altro, come si teme. È accaduto una settimana e mezzo fa. Due episodi: due adolescenti prese e portate nei wc e in doccia da altri tre ragazzi, maggiorenni sembra. Ma nessuno ha fatto denuncia: «Dicono che hanno paura - racconta un bagnino, che chiede l’anonimato - perché le cercano in autobus e minacciano di picchiarle se parlano. Se non fossimo intervenuti in tempo, l’altro giorno, probabilmente ci sarebbe stato un abuso. Il mio collega, quando è andato là per calmare la situazione, è stato accerchiato. “Vattene, questa è zona nostra”, gli hanno detto. Quando si è voltato gli hanno lanciato una bottiglia di vetro. A quel punto abbiamo chiamato la Polizia municipale, c’è un verbale».

Tutto sembra un gioco e così, sempre per gioco, le ragazze vengono prese e buttate in acqua, da vestite. Sembra che all’origine della rissa in via del Toro e in via Battisti ci sia una resa dei conti per una molestia su una di quelle giovani. Di notte spaccano i lucchetti degli spogliatoi e i passamano. Di giorno si picchiano tra gang rivali e talvolta finisce a sprangate, come l'altra sera. “Siamo noi i padroni”, urlano ai bagnini quando il caos si fa troppo pesante e chi è in servizio sul lungomare è costretto a intervenire, facendo ben attenzione a non cadere nelle provocazioni. La gente domanda pattuglie, vigilanza. Il fenomeno si è già verificato gli anni scorsi, ma questa volta va peggio. Risse quasi quotidiane. Divisi per etnie. “Qui è nostra proprietà, qui comandiamo noi”, dicono i kosovari. È pieno di scritte, sui muri e sugli scogli del porticciolo del Cedas. “Albania, Kosova, Srb, che sta per Serbia. Staccano le mensole degli spogliatoi e le usano come trampolino per lanciarsi in mare. E poi si azzuffano tra loro. Come l’11 giugno scorso: un diciannovenne kosovaro è stato soccorso dal 118: accusava dolori al petto, era ferito a una gamba, alla nuca e alla spalla. Ma niente, continuava a dire che era “scivolato”. Il “decimo” è off-limits, terra loro. Kosovo, Serbia o Albania. Bulletti che si contendono il controllo di un fazzoletto di spiaggia.

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