Top 500, Razeto difende l’industria: «Il turismo non basta Trieste non è Venezia»

Il presidente degli imprenditori del territorio: «Tutelare il nostro manifatturiero». L’economia frena: «Va rifinanziato l’accordo di programma per l’area di crisi»
Silvano Trieste 2019-11-12 Top 500
Silvano Trieste 2019-11-12 Top 500

TRIESTE «Trieste non è Dresda ma neppure Venezia»: Il numero uno degli Industriali della Venezia Giulia, Sergio Razeto, al Ridotto del Verdi, introducendo la presentazione del fascicolo Top 500 Nordesteconomia, lo speciale del Piccolo dedicato all'analisi dei bilanci delle prime 500 imprese della regione, contesta la narrazione che descrive ultimamente lo sviluppo della città legato a doppio filo con il turismo e le crociere: «Non concordo affatto con la tesi del sindaco Dipiazza.

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Solo le aziende di Confindustria Venezia Giulia occupano 16.714 persone che valgono il 10% del Pil triestino. Dobbiamo difendere il nostro manifatturiero che non è legato unicamente ai destini dela Ferriera». Un’industria fatta anche di startup tecnologiche emergenti che a Trieste si possono valorizzare, come ha precisato il direttore de Il Piccolo, Enrico Grazioli. Ma anche di grossi nomi come Illy, Wärtsilä, Fincantieri: «Qui si trovano le imprese con più capacità di spingere sul pedale dell’innovazione e che fanno della ricerca e della manifattura 4.0 la loro forza gravitazionale. L’integrazione con l’università e istituzioni come la Sissa deve realizzarsi pienamente», incalza Razeto che lamenta il peso della burocrazia e le crescenti difficoltà a trovare manodopera specializzata.

Una crescita che resta appesa al gancio dell’export: «Le aziende regionali che hanno meglio performato nel 2018 lo hanno fatto grazie all’export», sottolinea Razeto. I numeri della Top 500 illustrati dai ricercatori Gianluca Toschi (Fondazione Nordest) e Maria Cristina Landro (PwC partner) confermano questo dato: l’economia regionale nel 2018 ha registrato ricavi per 36,4 miliardi di euro, in crescita del 9,8% con il 74% delle aziende che mostra un segno positivo.

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Bumbaca Gorizia 10.09.2019 Gradisca lavori ristrutturazione ex pizzeria alle due rose © Fotografia di Pierluigi Bumbaca


Ma il futuro non è incoraggiante. I mercati sono schiacciati da un clima economico incerto: pesa il ridotto tasso di crescita della Cina e la perdita di slancio dell’area Euro dovuta alla riduzione dei livelli di produzione nell’automotive in Germania, ma anche alla contrazione degli investimenti in Italia. Un vento di recessione rischia di abbattersi anche sull’economia regionale e su Trieste al centro di una crisi industriale ormai conclamata. Sono 1500, secondo l’allarme dei sindacati, i posti a rischio, comprese le attività indotte, a partire dal destino incerto della Ferriera. Ma come reagire alla crisi industriale incombente? Razeto chiede «misure incisive» e insiste sulla necessità di partnership pubblico privato con il sostegno di Friulia per finanziare start up. Chiede di rilanciare gli investimenti sul territorio rifinanziando le iniziative imprenditoriali nell'area di crisi complessa triestina.

Per il leader degli Industriali della Venezia Giulia l’accordo per Trieste va riscritto «mettendo al centro degli interventi il tema delle bonifiche e quello delle attività di trasformazione manifatturiera nelle aree di punto franco». L’altra sfida è rappresentata dalla forte crescita del porto che sia ritrovando una nuova centralità grazie allo status di punto franco che «deve coinvolgere in maniera più diretta lo scalo di Monfalcone, in modo da ottenere un unico sistema portuale di quest’area». Anche gli accordi firmati di recente dall’Authority portuale con il colosso statale China Communications and Construction Company sono una opportunità e non un pericolo: «L’apertura di collaborazioni commerciali con la Cina ed i possibili investimenti nel Porto non devono essere visti con aprioristica contrarietà».

Per Razeto lo sviluppo portuale di Trieste deve seguire il modello Duisburg, la città renana che con il suo porto fluviale è diventata il capolinea della nuova Via della Seta su rotaia». Sullo scacchiere dello sviluppo ci stanno, nella ricostruzione del capo di Confindustria Venezia Giulia, i centri e le istituzioni scientifiche devono integrarsi con le imprese che fanno innovazione. Sullo sfondo c’è l’appuntamento di Esof 2020 che incorona Trieste capitale europea della scienza per il quale Razeto immagina «una grande opera di recupero urbano del Porto Vecchio». Tornando al quadro regionale descritto da Gianluca Toschi e Maria Cristina Landro è stato un anno positivo per il sistema industriale del Friuli Venezia Giulia ma con pesanti incognite. Il Pil complessivo è stato positivo dell'1,1%, la disoccupazione si è attestata al 6,7%, mentre l'export ha fatto segnare un buon più 5,9%. «Le imprese Top 500 - ha spiegato Landro - hanno continuato la loro crescita, per il sesto anno consecutivo. I ricavi complessivi sono stati pari a 36,4 miliardi di euro, con un più 9,8% rispetto al 2017. E il 20% delle società prese in esame hanno avuto una crescita superiore al 20% del fatturato, mentre il 37% delle società ha avuto aumenti superiori al 10%». Il 2019 presenta però dati poco confortanti.Il Pil della regione crescerà dello 0,3% (0,2% la media nazionale). Che fare? «Le priorità delle aziende devono riguardare crescita, efficienza, digitalizzazione e sostenibilità». Con qualche preoccupazione sul futuro: «Solo il 15% delle imprese regionali supera la terza generazione familiare». —


 

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