«Tirso, bloccate le linee di credito» A Trieste 221 lavoratori con il fiato sospeso

La fabbrica tessile del gruppo Fil Man Made già coinvolta lo scorso anno da una ristrutturazione I sindacati: «Non si possono spremere ancora i dipendenti». Assemblea per decidere il da farsi

Fiato sospeso per i 221 addetti della fabbrica tessile Tirso, importante struttura produttiva del gruppo trevigiano Fil Man Made. Un blocco del credito da parte delle banche getta un’ombra sul futuro dello stabilimento, che già l’anno scorso era passato attraverso un duro processo di ristrutturazione. Dopo un primo incontro fra azienda e sindacati mercoledì scorso, si attende il prossimo faccia a faccia fra una ventina di giorni.

«L’azienda ha promesso di presentare un piano per allora - spiega Michele Piga della Filctem Cgil -. Auspichiamo che riguardi il gruppo nel suo complesso e non soltanto lo stabilimento triestino. Il nostro punto fermo è questo: i posti di lavoro e le paghe non si toccano. Non c’è bisogno di una nuova Electrolux».

Anche Mauro Ferrante della Femca Cisl sottolinea la necessità di tenere alta la guardia: «Siamo molto preoccupati - dice -. Nel 2013 i lavoratori sono già passati attraverso una ristrutturazione e non si possono spremere ancora. Parliamo di lavoratori, soprattutto lavoratrici, che lavorano in turno 24 su 24 per mille euro al mese».

Tra 2010 e 2012 il gruppo trevigiano ha chiuso nella nostra regione prima il sito di San Giorgio di Nogaro, poi quello di Maniago nella Destra Tagliamento. L’intento, rivendicato dall’azienda, è di mantenere a Trieste il suo punto di produzione in Italia. Fil Man Made ha infatti altri stabilimenti all’estero, in Turchia, Portogallo, Cina. Nel luglio dell’anno scorso è stato avviato il piano di ristrutturazione e si è ricorso alla cassa integrazione: «Un piano molto duro - spiega Ferrante -, in seguito al quale parte della produzione è stata spostata dal Portogallo a Trieste per potenziare lo stabilimento». Lo schema, spiega il sindacalista, ha funzionato fino a dicembre, portando a un recupero di quote di mercato.

«Nel frattempo però le banche hanno chiuso le linee di credito, considerando inadeguato il piano di rientro dei capitali presentato dal gruppo - afferma Ferrante -. Il piano prevedeva una remunerazione per le banche, ma queste la considerano troppo bassa. Non si accontentano quindi di guadagnare, vogliono guadagnare di più». La Tirso produce tessile di qualità, con materiali come il Kevlar. Una cinquantina di lavoratori dell’impianto sono residenti nel comune di Muggia.

«In settimana ci sarà un’assemblea unitaria con i lavoratori e le lavoratrici - spiega Piga -, cui esporremo una relazione sulle comunicazioni dell’azienda. Spetterà ai lavoratori dare le indicazioni sulla direzione da prendere. Resta fermo il fatto che la produzione deve rimanere in Italia, e anzi venire potenziata».

«Non si può permettere che una realtà con clienti, prodotti di alta qualità e una manodopera molto qualificata venga messa in difficoltà per una ragione simile - dice Ferrante -. È una situazione che le istituzioni non possono ignorare». La questione è ancora in fase germinale, ragion per cui gli interlocutori pubblici non sono ancora stati ufficialmente coinvolti. L’assessore provinciale al Lavoro Adele Pino esprime però la sua preoccupazione: «Al di là del singolo caso, osservo che negli ultimi tempi anche le aziende più grosse iniziano a cedere sotto il peso della crisi - dice -. Fra Burgo, Wärtsilä, Ferriera è ovvio che il quadro non è roseo. Dopo una prima fase in cui mancava il fiato alle aziende più piccole e ad alcune realtà dell’indotto, ora anche le imprese più importanti danno segni di difficoltà. Sono elementi di preoccupazione di non poco conto». Sull’argomento l’azienda, per il momento, preferisce mantenere il silenzio stampa.

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