Tirana e Atene ai ferri corti per 19 villini da demolire
ZAGABRIA. La demolizione di una ventina di edifici in un paesino del sud dell'Albania ha dato il via a un litigio diplomatico tra Tirana e Atene. A Himara, comune di tremila anime a metà strada tra Valona e Saranda (e che si affaccia sul mare alla stessa altezza di Otranto), le autorità albanesi vogliono distruggere 19 costruzioni per fare spazio a un nuovo piano urbanistico. Il problema è che secondo la minoranza greca presente in Albania le abitazioni in questione sono tutte di proprietà di famiglie greche: di qui l'accusa di discriminazione e di razzismo portata avanti, ad esempio, dall'Unione per i diritti dell'Uomo, un partito che rappresenta la minoranza greca nel paese.
E anche se Tirana assicura che non si tratta di distruzioni ad hoc volte a colpire i greci, tra le cancellerie delle due capitali è iniziato uno scambio di note esplicative e un richiamo dei rispettivi ambasciatori, che sembra non riuscire a calmare la situazione.
Il "battibecco diplomatico" - così lo ha definito il quotidiano greco Kathimerini - è scoppiato quando il sindaco di Himara, Gjergi Gor›s, ha ottemperato alle richieste del governo centrale sottoscrivendo le ordinanze di demolizione. Un gesto «inaccettabile» per il ministero degli Esteri greco, a cominciare dal giorno in cui le notifiche sono state consegnate ai cittadini coinvolti: il 28 ottobre, ovvero l'anniversario dell'inizio della Seconda guerra mondiale per la Grecia e dunque festa nazionale nel paese. Atene si è dunque espressa ufficialmente e proprio con un comunicato del ministero degli Esteri.
«Stiamo seguendo con grande preoccupazione gli sviluppi a Himara (Albania), dove 19 famiglie facenti parte della minoranza greca nazionale hanno ricevuto delle notifiche secondo cui hanno cinque giorni di tempo per evacuare le proprie case, che saranno demolite», si legge nel comunicato riportato da Kathimerini. Alla richiesta di Atene di «cancellare l'ordine di distruzione» e «consultare i proprietari a Himara sui piani di sviluppo (urbano)», è seguita una nota del ministero degli Esteri di Tirana. «L'Albania non fa discriminazioni» e le decisioni del comune di Himara, centrate sulla «trasformazione della città in una destinazione turistica europea», «sono trasparenti e rispettose delle leggi».
Questo confronto epistolare è diventato l'altro ieri un acceso dibattito all'interno del parlamento albanese, quando un rappresentante della minoranza greca, Vangjel Dule, ha accusato lo stesso primo ministro di Tirana, Edi Rama, di aver voluto delle «demolizioni selettive» per «colpire la comunità (greca) e sottometterla». «Siamo di fronte a pregiudizi, nazionalismi e persino razzismo», ha dichiarato Dule provocando l'intervento dello stesso premier, il cui filmato è stato poi condiviso sui social network.
L'intervento di Atene «non ha senso», ha detto Edi Rama, che ha ricordato come il caso Himara ruoti attorno a «18 edifici, tra cui un'abitazione, un'osteria, dei lavaggi d'auto e dei chioschi». «Solo sei edifici hanno un proprietario legittimo che verrà rimborsato secondo le leggi in vigore, mentre gli altri sono abusivi», ha aggiunto il premier, che, non pago, ha tirato in ballo anche l'Acropoli di Atene, «tuttora in piedi» proprio grazie a un albanese, «l'arcivescovo di Atene Gjergj Dushmani che nel 1686 negoziò con Francesco Morosini della flotta veneziana il non bombardamento della città».
Tra Grecia e Albania, ha infine ricordato Rama, esiste ancora un formale stato di guerra, mai ritirato da parte greca dai tempi della Seconda guerra mondiale. «Non si tratta di un semplice atto arcaico, ma ha effetti sui diritti degli albanesi nel chiedere le loro eredità e la ricompensa delle loro proprietà in Grecia», ha concluso il premier.
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